Economia

Telecom cade in Borsa (-4,5%). Pesano tempi della rete unica

Gli analisti temono che la crisi di governo rallenti il riassetto con Open Fiber. La scommessa "piano B"

Telecom cade in Borsa (-4,5%). Pesano tempi della rete unica

Le dimissioni di Draghi affossano il titolo Telecom in Piazza Affari. Il gruppo, alle prese con un cruciale riassetto, paga in Borsa la crisi del governo con i mercati spaventati dal vuoto politico che potrebbe rallentare il progetto di rete unica essenziale per abbattere il debito. Obiettivo delineato dall'ad Pietro Labriola nel piano industriale da poco presentato e che ora viene messo in discussione dagli analisti. Immediata la reazione dei mercati con il titolo che ha aggiornato il nuovo minimo storico (a 0,215 euro) per poi chiudere a quota 0,22 euro archiviando la seduta in negativo del 4,55%. Una discesa libera se si pensa che il titolo del gruppo di tlc ha perso il 40% in un anno e il 74% negli ultimi cinque anni.

Per gli analisti di Intesa Sanpaolo la crisi di governo rischia di fermare, o almeno rallentare, la rete unica tra Tim e Open Fiber che già ha vissuto un lungo e complesso iter fino a oggi. «Ricordiamo che il MoU firmato da Tim, Cdp, Open Fiber, Kkr e Macquarie prevede un'offerta non vincolante di Cdp e dei fondi per la NetCo di Tim ad agosto e, dopo una due diligence, un'offerta vincolante entro fine ottobre. Se Cdp andrà avanti con il processo anche durante il periodo di transizione per formare uno nuovo governo è incerto, a nostro avviso», hanno affermato gli esperti di Ca de' Sass. Detto questo, «crediamo anche che il deal possa essere realizzato sotto una diversa coalizione di governo, una volta che sarà in carica, ma tempi più lunghi per eseguire l'operazione potrebbero ridurre le potenziali sinergie derivanti dalla fusione e, soprattutto, rinviare ulteriormente la riduzione del debito di Tim nell'attuale contesto di aumento dei tassi di interesse, sebbene la società non abbia esigenze di rifinanziamento fino al 2024», ha avvertito Intesa.

D'altra parte l'operazione è cruciale se si pensa che, dagli attuali 17 miliardi, il debito che pesa sulle casse del gruppo scenderà di circa 11-12 miliardi, al di sotto dei 5 miliardi.

Di fatto, poi, l'operazione è tutt'altro che scritta. Anche se Draghi fosse rimasto al suo posto non sarebbero mancate le difficoltà: Vivendi - che ha la maggioranza di Telecom (23,6%) - ha fatto sapere che darà il suo benestare alla vendita della rete a una valutazione di 31 miliardi di euro. Ma secondo alcune perizie esterne, considerato il piano, la rete di Tim ha un valore d'impresa di 25 miliardi.

In questo contesto incerto, si rafforza l'ipotesi che, in caso di naufragio dell'operazione, Labriola possa fare ricorso al piano B (la vendita di Netco a un fondo) e si allontana anche la possibilità di un ritorno al dividendo ventilata di recente, ma sul quale ci potrà essere chiarezza solo la prossima settimana (27 luglio) con i numeri (tanto attesi) del primo semestre. Gli occhi degli analisti sono puntati sulla guidance del gruppo per fine anno.

Sullo sfondo si gioca poi la partita tra Dazn e Tim sull'intesa in esclusiva da 340 milioni annui sulla Serie A in Tv. Sky, Tim e Dazn si starebbero accordando per rendere fruibili tutte le partite di Serie A, incluse quelle in esclusiva su Dazn (7 per ogni giornata), sul decoder Sky Q.

Una soluzione che potrebbe agevolare la risoluzione dei problemi di trasmissione e di visione in streaming delle partite.

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