Destini incrociati, ma profondamente diversi quelli di Google e Telecom Italia. In cinque anni il titolo del motore di ricerca statunitense più usato del mondo ha guadagnato in Borsa il 60%, passando da 500 a 800 dollari di valore, mentre quello della società telefonica ne ha persi altrettanti passando da 1,8 a 0,60 euro. Insomma, un grosso problema per piccoli e grandi investitori, vedi gli azionisti di Telco (Telefonica, Mediaobanca, Intesa Sanpaolo e Generali) che si sono ritrovati, e si ritroveranno ancora, a dover svalutare in bilancio le proprie quote azionarie. Destino ben diverso per Google che ora vale in Borsa poco meno di Exxon e Apple e che può essere giustamente considerato il maggiore «Over the top» della rete, ossia il maggior fornitore di servizi senza essere un provider di connettività. Ed è proprio per questo che tra i cosiddetti «sopra la rete» e le società di telecomunicazioni di tutto il mondo c'è una «contrattazione» in corso, dato che le seconde sono stanche di vedere i loro bilanci soffrire, pur essendo le autostrade dove transitano i servizi che fanno ricche le prime. In attesa di una soluzione, che prima o poi dovrà necessariamente arrivare, nel 2011 le imprese di tlc in Europa hanno fatto svalutazioni per 9,7 miliardi di euro. Di queste, più di 7 miliardi hanno riguardato la sola Telecom Italia. L'ex monopolista italiano ieri ha perso in Borsa un'altro 2,42% ed è ormai ai minimi storici dal 1997, e anche quest'anno effettuerà nuove svalutazioni. I numeri dell'impairment saranno sul tavolo del cda di Telecom il 7 marzo, in occasione dell'approvazione del bilancio, e le rettifiche dovrebbero collocarsi tra i 2 e i 4 miliardi di euro su 36,8 miliardi di avviamenti. Sul titolo Telecom pesano anche gli ultimi downgrade delle principali agenzie di rating dopo la diffusione dei conti 2012. Nell'ultimo mese la società guidata da Franco Bernabè ha ceduto più del 20% tanto che Telco, la holding che detiene il 22,5% la società, l'altro ieri ha dovuto svalutare nuovamente la propria partecipazione. Per fare fronte all'enorme indebitamento (28 miliardi) senza aumento di capitale, la società aveva pensato di emettere un bond idrido sessantennale, ma l'idea sembra per ora accantonata perché l'azienda ha constatato che per attrarre gli investitori dovrebbe garantire un rendimento compreso tra il 7,5% e l'8%, contro il 7% inizialmente previsto. Si tratta, dunque, di un'operazione molto onerosa considerando i 3 miliardi di bond ibrido da emettere, tanto che ora non si esclude la necessità di ricorrere a un aumento di capitale. Quest'ultimo, secondo gli analisti di Kepler, potrebbe anche potrebbe essere sostenuto da Telco se funzionale a un accordo con la Cassa depositi e prestiti sulla separazione della rete di accesso che potrebbe, dunque, tornare di attualità.
Quanto a «La7», secondo un report di Mediobanca, che però era anche tra gli advisor dell'operazione, Urbano Cairo potrebbe essere stata la scelta giusta per la cessione della rete televisiva in quanto molto abile nelle ristrutturazioni e in grado di creare sinergie tra la tv e i suoi magazine.