Telecom, sale la tensione Jp Morgan supera il 10%

La banca Usa gestisce il 5% della posizione di Niel e il 5% del bond Telefonica. Il giallo dei diritti di voto

Non c'è pace per Telecom. Dopo l'infuocata assemblea dell'aprile scorso, quando i fondi si sono imposti sull'azionista di riferimento, Telco, anche la prossima assise si preannuncia combattuta e dagli esisti incerti. Questa volta i fondi, che hanno circa il 30% si trovano di fronte un nuovo socio di riferimento che reclama 4 posti in cda. In questo panorama complesso ieri è arrivata la comunicazione da Consob che Jp Morgan ha il 10,1%. Ancora non si conoscono gli intendimenti di Jp Morgan ma si sa che la sua partecipazione è legata al convertendo emesso Telefonica pari al 7% del capitale: alla scadenza gli obbligazionisti riceveranno le azioni Telecom detenute dalla banca d'affari. La quota di Jp Morgan sarebbe così divisa: il 5% sarebbe al servizio del «convertendo» mentre l'altro 5% farebbe parte della quota, pari al 15% ma senza diritti di voto, in mano al francese Xavier Niel, che potrebbe operare per conto di Orange. E anche se l'ex France Telecom ha smentito progetti di fusione, il titolo Telecom ha proseguito la sua corsa in Borsa mettendo a segno un rialzo del 2,1%, sotto ai massimi dell'anno a 1,3 euro. Secondo gli analisti comunque la volatilità continuerà. «Riteniamo che solo l'esito dell'assemblea del 15 dicembre sull'integrazione del cda porterà maggior chiarezza sulle strategie di Vivendi», ha spiegato un analista. Mentre per Mediobanca Securities il flusso di notizie e la conseguente speculazione si intensificherà fino all'evento. Per il momento gli analisti di Piazzetta Cuccia mantengono il rating outperform sul titolo Telecom, con target price a 1,51 euro. Mediobanca ha comunque sottolineato che la conversione delle azioni di risparmio sia molto importante per la creazione di valore nel gruppo. Inoltre, visto il processo di consolidamento in corso nel mercato delle tlc europeo, «Telecom, sostenuta da Vivendi quale azionista principale, potrebbe giocare un ruolo chiave in tale scenario, che coinvolgerà Vodafone, Liberty, Deutsche Telekom, Orange e Telefonica». Il futuro di Telecom dunque, da qualunque parte la si voglia girare, è in mano francese con Vivendi che potrebbe anche operare per conto proprio e non per Orange. La società, proprietaria di Canal Plus, ha in pancia una cospicua liquidità e dato che il suo business principale, la tv a pagamento, è in crisi con un churn rate (ossia un tasso di abbandono da parte degli utenti) molto elevato potrebbe essere spinta a rivedere le sue strategie. Vivendi insomma potrebbe riuscire ad effettuare quell'integrazione tra connettività a banda ultralarga e contenuti che era stata auspicata negli anni scorsi tra Telecom e Mediaset. Ma il primo passo è l'assemblea di settimana prossima: Vivendi ha chiesto 4 posti in cda ma i proxy advisor hanno sconsigliato i fondi di far entrare i membri della società francese.

Mentre i piccoli azionisti di Asati hanno chiesto le dimissioni dei consiglieri eletti da Telco che non è più presente nell'azionariato della società. Sul tavolo ci sono anche altri dossier come l'integrazione in Brasile tra Tim Brasil e Oi e la possibile creazione, in Italia, di una società per la rete a banda ultralarga con Metroweb.

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