Telecom allo scontro in assemblea

Vivendi sale al 20,5% e non accetta accordi sui 4 posti in cda. Crollano le risparmio: -10,6%

Si preannuncia infuocata l'assemblea dei soci Telecom Italia, prevista oggi a Milano. La proposta di conversione delle azioni di risparmio rischia il naufragio. Ed è nata sotto una cattiva stella: prima le incomprensioni tra l'ad Marco Patuano e il presidente Giuseppe Recchi, poi il dietrofront del socio forte Vivendi. Il gruppo francese ha prima dato parere favorevole all'operazione ma poi ha cambiato idea, annunciando l'astensione, quando i fondi di investimento si sono opposti all'entrata in cda dei suoi quattro candidati. Il risultato è che oggi l'assemblea, a meno di un accordo dell'ultima ora, difficilmente troverà i numeri per far approvare la conversione delle risparmio, operazione per la quale servono i due terzi del capitale presente. Oggi in assemblea è infatti atteso il 55,6% del capitale.Resta aperto invece l'esito della mozione con cui i francesi puntano a quattro posti in cda. Secondo alcune ricostruzioni Parigi, tra le quote dirette e quelle dei soci «vicini», potrebbe infatti contare fino al 28% dei voti e quindi potrebbe riuscire imporre la propria linea. Difficilmente comunque accetterà una soluzione di ripiego, come avere un paio di posti nel board.In particolare Parigi ha contestato le condizioni per la conversione delle risparmio, sostenendo che con i 9,5 centesimi di conguaglio previsti entrano in cassa 570 milioni. Mentre se si chiedessero 12,5 cent, salirebbero a 750 milioni. Ieri le Telecom di risparmio sono così crollate in Borsa perdendo il 10,66%, un mezzo sgambetto ai fondi, che hanno molte azioni della categoria. Giù anche le ordinarie (-1%). Vivendi è comunque sempre più l'azionista forte: ha acquistato un altro 0,4% portandosi al 20,5%. E dato che con una percentuale non molto dissimile, il 22%, l'ex Telco (ossia il quartetto degli azionisti forti Intesa, Generali, Mediobanca e Telefonica) ha comandato per anni, anche la società francese vuole fare altrettanto. Invece i fondi, che già nella scorsa assemblea avevano preso posizione trasformando Telecom in una public company, hanno fatto sapere di non voler far entrare quattro rappresentanti di Vivendi in cda. Assogestioni, in una lettera, aveva oltretutto ipotizzato per Vivendi, che è proprietaria della pay tv canal Plus, un conflitto di interessi sul fronte degli abbonamenti «bundle» (quelli che uniscono connettività e contenuti).

Oggi in assemblea bisognerà vedere come e se voterà Jp Morgan, che ha il 10%; non è invece atteso Xavier Niel che ha posizioni in derivati di cui il 10% convertibili in azioni. Senza compromessi questo cda ha vita difficile: Vivendi potrà chiedere la revoca già il prossimo aprile. Ma per portare i suoi uomini nel board ha bisogno di voti e di nuovi alleati.

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