RomaStatale è ancora bello (almeno finché dura). Sfuggiti in buon numero all'accetta della spending revue (specie nei quadri dirigenziali), liberati dal giogo che ne bloccava gli stipendi dal 2011 grazie a una recente sentenza della Cassazione, risparmiati da penosi licenziamenti persino nelle amministrazioni locali soppresse sulla carta (vedi Province), quello statale resta il «posto fisso» per antonomasia. Ambito, anzi sognato, da milioni di giovani italiani per questione di sicurezza. E non solo.
Come documenta un'elaborazione dell'Ufficio studi della Cgia su dati Istat, anche lo stipendio resta per gli statali tutto sommato a prova di bomba, rispetto al settore privato, e superiore di quasi 2mila euro l'anno. Mica bruscolini. Se nel 2014 i dipendenti pubblici hanno potuto contare mediamente su 34mila 286 euro, gli altri hanno portato a casa 32.315 euro.
Dal 1995 al 2014, sia gli stipendi degli uni che degli altri sono aumentati di quasi il 70 per cento. Con una differenza, però: mentre nel primo lustro l'incremento nel settore privato è stato pari al 58,9 per cento, in quello pubblico si è raggiunto il 70,8 per cento. Poi lo stop dell'incremento per gli stipendi statali. Cosa che non ha impedito che le retribuzioni più ricche restassero ad appannaggio degli enti previdenziali, in particolare Inps e Inail: nel 2014 il dato medio ha raggiunto i 44mila 199 euro. Alle loro spalle, i dipendenti delle amministrazioni locali (comuni, province e regioni) con 35mila 651 euro, e quindi i classici travèt delle amministrazioni centrali, con stipendi medi pari a 33mila euro lordi.
Tra i privati hanno registrato buoni incrementi gli impiegati dell'industria (passati in vent'anni da 18mila e 500 a 34mila 329 euro) e incrementi più bassi i lavoratori dei servizi orientati al mercato (commercio in particolare), il cui stipendio è passato «solo» da 20mila 456 a 31mila 871 euro (il 55 in più dal '95 al 2014). Da notare che il settore privato è ormai stabilmente tre volte più numeroso di quello pubblico: quasi 9 milioni e mezzo di occupati contro 3 milioni 334mila, con posti statali in calo del 6,1 per cento rispetto al '95. Maggior indice di decremento, stavolta, tra i dipendenti degli enti di previdenza: oltre il 20 per cento. Dato che si riflette sulla media generale, indicando come ad essere stati tagliati siano stati i dipendenti con stipendi più bassi e non i supermanager. A confermarlo Giuseppe Bortolussi, storico segretario Cgia: «Pur avendo contribuito a ridurre la spesa, il blocco degli stipendi adottato in questi anni per gli statali ha penalizzato le soglie retributive più basse; negli ultimi vent'anni queste ultime sono cresciute molto meno dei livelli retributivi medio alti, senza che ciò abbia avuto degli effetti positivi né sulla produttività né sull'efficienza dei dirigenti e degli alti funzionari pubblici».
Maggiore resistenza ai tagli viene registrato invece tra gli impiegati di comuni, province e regioni, scesi da 1524 unità a 1428, ma soltanto a partire dal quinquennio 2010-2014. Altro segno, insomma, che nella Fattoria degli Statali conta stare in alto, meglio dalla parte «giusta». Ma anche una semplice «vicinanza» alla politica aiuta. A essere un po' più «uguali».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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