Economia

Tim separa la rete e punta sui servizi

A NetCo 11 miliardi di debito, nodo valutazione. ServCo guarda all'M&A in Italia

Tim separa la rete e punta sui servizi

Telecom si scinde, da una parte le infrastrutture (Netco), dall'altra i servizi (ServCo). Il riassetto, firmato dall'ad Pietro Labriola punta ad abbattere il maxi-debito del gruppo (da 17 miliardi netti a ridosso dei 5 miliardi) e ad estrarre quello che il manager ha definito come «il valore nascosto» della società.

Una rivoluzione annunciata, quella del nuovo piano quadriennale, che avrà diverse fasi e il cui sviluppo è legato a doppio filo alla partita, caldissima, sulla rete unica. La sfida, grande e non senza rischi che il mercato annusa (il titolo ha chiuso la seduta in rialzo dell'1,18% a 0,26 euro) è quella di superare il modello di integrazione verticale. Sarà un ritorno al futuro, come prima dell'Opa del 2005 di Telecom Italia su Tim. L'infrastruttura di rete (compresa Sparkle) confluirà nella NetCo e costituirà il primo mattone della rete unica, che prevede la fusione con Open Fiber, un cantiere aperto che a ottobre dovrebbe avere il suo momento di verifica. Avrà in dote circa 11 miliardi di debito e circa 21 mila lavoratori. La rete che a fine 2021 aveva 21.400 addetti, a fine 2030 dovrebbe averne 15mila (sostituendo il rame con la fibra), una procedura di scivoli volontari per cui sono previsti 140 milioni di costi straordinari l'anno.

La ServCo sarà a sua volta organizzata in tre entità: Consumer, TopCo, dedicata alle grandi imprese e alla Pa, nell'orbita della quale staranno il business del cloud, Iot e cyber sicurezza con società come Noovle, Telsy e Olivetti e Tim Brasil. La società dei servizi alla clientela, chiamata ConsumerCo, è tra le grandi sfide data l'agguerrita concorrenza e raggrupperà insieme le attività di Tim fisso e mobile, Kena e Timvision. Una società che avrà le mani libere per l'M&A. «Il mercato italiano non riesce a reggere 4 reti dal punto di vista economico finanziario. Succederanno delle cose: dalla banale condivisione delle reti a un M&A più puro e Tim fin tanto che è integrata verticalmente avrebbe certamente più problemi a farsi parte attiva di questo processo», ha spiegato l'ad.

Quanto vale la rete è però la domanda, ancora sempre risposta, che ha tenuto banco. La forchetta, che si allarga e si stringe in base alle aspettative dei diversi stakeholders, va dai 31 miliardi che sarebbero un valore equo per Vivendi (primo azionista col 24%) ai 25 miliardi di euro, debito compreso su cui, su parere degli advisor Mediobanca, Vitale, Goldman Sachs e Liontree, sta ragionando l'ad.

Su questa partita Labriola è stato chiaro, se non si trovasse un accordo sulla rete unica con Cdp e Open Fiber entro il 31 ottobre «abbiamo un piano b». Per Tim la creazione di una rete unica con Open Fiber, e quindi la vendita della società della rete resta «l'opzione prioritaria» da preferire, ma solo se le valutazioni fossero «interessanti», altrimenti la società è pronta a procedere con lo scorporo ed esplorare soluzioni alternative. Ad esempio, cedere una quota di minoranza di Netco a un altro partner. «Come manager, devo guardare al miglioramento e alla massimizzazione del valore dell'azienda. Kkr è un investitore come tanti altri e, nel momento in cui si dovesse andare al piano B e dovesse fare un'offerta migliore, proporrò al cda una valutazione. Perché non dovrei?».

Sul fronte dei numeri, l'appuntamento sarà per il 4 agosto quando i conti del secondo trimestre saranno approvati. Mentre sempre ieri, in serata, è emerso che Tim, Leonardo, Cdp Equity e Sogei, in qualità di soggetto promotore ha esercitato il diritto di prelazione nell'ambito della gara europea per l'affidamento della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale (Psn).

La gara era stata indetta a gennaio 2022 e riguarda la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Commenti