Tim, Vodafone e Fastweb ai rilanci per l'asta del 5G

Dal 10 settembre la gara entra nel vivo. Iliad ha la banda "700" per 676 milioni. Le mosse di Open Fiber

Tim, Vodafone e Fastweb ai rilanci per l'asta del 5G

Scade il 10 settembre il termine per presentare le offerte per la gara delle frequenze 5G. Quelle che promettono ad aziende e famiglie italiane nuovi servizi online, tramite innovativi prodotti e accessori «intelligenti», collegati direttamente alla rete superveloce. In attesa delle auto che si guidano da sole, grazie a capillari collegamenti al 5G le società di tlc devono prima aggiudicarsi le necessarie frequenze e poi realizzare la rete. Impresa non semplice e certamente costosa, dato che già il governo Gentiloni aveva messo previsto di ricavare almeno 2,5 miliardidall'asta.

Ora le sette società che sono state ammesse alla gara - Iliad, Tim, Fastweb, Vodafone, Wind 3, Linkem e Open Fiber - dal 10 settembre dovranno entrare nella fase dei rilanci. Tranne Iliad, fondata da Xavier Niel, che ha già un lotto dedicato, il «700R», riservato dal ministero dello Sviluppo ai nuovi entranti sul mercato e al remedy maker che ha dato via libera alla joint venture tra Wind e «3». Si tratta di un lotto pregiato dato che sono frequenze a 700Mhz, che permettono un'ottima «penetrazione» dentro le mura domestiche, ma è anche il più caro, con importo minimo pari a 676 milioni di euro. L'asset sarà inoltre disponibile solo nel 2022, quando le frequenze saranno liberate dai segnali televisivi che ora le occupano. E proprio su questo punto è già in corso un contenzioso, dato che Mediaset e Cairo (La7) hanno fatto ricorso al Tar insieme ad altre emittenti locali perché i 747 milioni di indennizzo previsti dallo Stato non sono ritenuti sufficienti. Anche Fastweb aveva chiesto un provvedimento simile a quello di Iliad, essendo nuovo entrante sul fronte delle reti mobili, ma non l'ha ottenuto. Comunque Fastweb, Tim, Vodafone e Wind-3 puntano ai pacchetti frequenze 3,6-3,8 Ghz che sono quelli dove avviene la sperimentazione in atto in alcune città italiane. Su queste frequenze quindi è possibile sviluppare da subito nuovi business.

Per quanto riguarda Open Fiber, invece, la società controllata da Enel e Cdp sarebbe interessata solamente alle frequenze 26 Ghz. Open Fiber dispone già di alcune frequenze, ma punterebbe ad acquisirne altre da sfruttare per il suo piano di copertura del territorio italiano nelle aree più periferiche. Si tratta di frequenze potenzialmente meno interessanti per gli operatori mobili e quindi il prezzo dell'asta potrebbe risultare contenuto. L'unico competitor di pen Fiber, in tal senso, dovrebbe essere Linkem. Del resto questo lotto di frequenze è quello con il prezzo di partenza più basso: 32 milioni contro i 158 milioni dei lotti da 3,6-3,8 Ghz. Ci sono, comunque, anche altri 6 lotti a 700 Mhz, in palio con base d'asta di 338 milioni.

Il governo Lega-M5s conta di incassare già entro quest'anno almeno 1,2 miliardi e, nonostante i ricorsi presentati dai gruppi tv, non ha certo intenzione di rimandare l'asta, forte del buon risultato ottenuto da Londra che ha incassato 1,5 miliardi pur mettendo al bando solo due bande di frequenza. Cifre molto diverse rispetto a quelle dell'asta del 3G, l' Umts che fruttò all'Inghilterra 24 miliardi di euro. Anche In Italia quell'asta andò molto bene con un incasso che sfiorava i 13 miliardi di euro.

Un fiume di denaro chiesto agli operatori che però da allora hanno visto forte concorrenza e tariffe discendenti. Gli operatori del resto nel 2017 hanno già sborsato circa 2 miliardi per il rinnovo delle frequenze a 900-1.800, per le quali il governo Renzi preferì non fare un'asta ma avere un incasso sicuro per i conti pubblici.

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