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Tokyo, BoJ indietro tutta. Così i mercati respirano

Brusca virata della Banca del Giappone: stop aumento dei tassi, troppo alti i rischi di recessione. Ma non è finita

Tokyo, BoJ indietro tutta. Così i mercati respirano
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Dalla Nisshoki, la bandiera giapponese, è sparito il grande disco rosso che rappresentava il sole ed è rimasto solo il bianco, a rappresentare la resa senza condizioni con cui la Bank of Japan (BoJ) si è piegata ai voleri del mercato. «Non alzeremo i tassi di interesse se i mercati finanziari sono instabili», ha annunciato il vice governatore della banca centrale nipponica, Shinichi Uchida. Un vero e proprio autodafé rispetto ai recenti propositi di continuare a irrigidire il costo del denaro e una capitolazione che le Borse internazionali hanno celebrato a suon di rialzi. A cominciare da quella di Tokyo, che ieri ha guadagnato un altro 1,2%; dopo il +10% messo a segno martedì 6 agosto, il tonfo accusato durante il Black Monday è stato quasi del tutto riassorbito. Del panico di inizio settimana non è rimasta traccia anche in Europa, dove Milano si è risollevata del +2,33% e lo Stoxx600 è salito dell'1,54%, mentre Wall Street (+0,5% il Dow Jones, +0,8% il Nasdaq a un'ora dalla chiusura) pare rassicurata dal venir meno dei timori di recessione. Un rischio che Vincent Clerc, ad del colosso delle spedizioni Maersk, non vede all'orizzonte poiché la domanda di merci rimane solida. Le minori preoccupazioni sul versante macro e i recuperi dei listini americani (da cui dipende in buona parte la tenuta economica a causa della forte componente azionaria nei portafogli delle famiglie) hanno inoltre azzerato le chance di un intervento di emergenza da parte della Federal Reserve. Settembre resta comunque il mese più probabile per un taglio dei tassi compreso nella forchetta da 0,25 a 0,50%.

Anche se il sell-off che aveva scosso i mercati a inizio settimana pare aver perso la propria forza distruttrice, quanto accaduto conferma che il Giappone non può permettersi neppure un accenno di normalizzazione della politica monetaria, quale era stato il rialzo del costo del denaro allo 0,25% nei giorni scorsi. Una mini-stretta giudicata subito intollerabile dalle sue aziende esportatrici per i riflessi sullo yen (ieri in calo del 2% sul dollaro dopo aver guadagnato l'8% la scorsa settimana) e considerata una minaccia mortale per le Borse - non solo quella di Tokyo - che per decenni hanno sfruttato la strategia del carry trade per acquistare asset remunerativi indebitandosi quasi a costo zero nella valuta del Sol Levante.

Il dietro-front della BoJ non sarà privo di conseguenze. A soffrirne saranno probabilmente le famiglie più anziane, quelle che più hanno beneficiato dell'aumento dell'inflazione attraverso la diminuzione di fatto dei tassi reali e l'aumento del valore dei beni che possiedono. Ma fin d'ora è certo che la banca centrale ha commesso un errore ingiustificabile, non rendendosi conto di non poter difendere al tempo stesso valuta, azioni e obbligazioni. E, fatto ancor più grave, ha perso ciò che di più prezioso c'è per una banca centrale: la credibilità. Cedendo alle pressioni politiche, la BoJ ha dimenticato la lezione di Shinzo Abe.

Consapevole come fosse una missione impossibile rivalutare lo yen, l'allora premier giapponese si era opposto fin dal 2006 a rottamare la politica dei

tassi a zero, difesa fino alla fine del suo ultimo mandato (agosto 2020). Ora la Boj ha calmato i mercati. Ma cedendo a un ricatto, si è esposta al rischio di doverne accettare altri in un futuro forse nemmeno troppo lontano.

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