Il tonno italiano finisce ko: "Dobbiamo allevare a Malta"

Si spera sempre nella rinascita: "Il Mediterraneo si sta ripopolando di tonni e l'Unione europea ha deciso di allargare le maglie"

Il tonno italiano finisce ko: "Dobbiamo allevare a Malta"

Procedura di infrazione dell'Unione Europea verso sette membri, piano quindicennale per fissare la quota massima di tonni pescabili da ogni Paese e burocrazia infinita: così sono rimaste solo 19 imbarcazioni delle 95 di 15 anni fa che solcavano il Mediterraneo orientale. E tre di queste sono di proprietà di Giovanni Ferrigno che ha spiegato: "Il risultato è che sono finito con andare ad allevare i tonni a Malta". L'armatore ha raccontato a Il Sole 24 Ore che da parte dell'Ue era arrivato l'avviso del rischio estinzione del tonno rosso e per cercare di aiutare la ripopolazione era stato deciso di "diminuirne drasticamente la pesca con il sistema delle quote". Fortunatamente in quegli anni "abbiamo cominciato a guadagnare bene con il Giappone, che comprava il nostro tonno a un prezzo decisamente più alto di quello del mercato nazionale".

Tuttavia i giapponesi gradiscono il pesce crudo con una percentuale di grasso superiore a quella tipica del tonno selvatico. Dunque è stata adottata una tecnica di allevamento diversa dal solito: si pescavano vivi tra maggio e giugno per poi attendere novembre, quando "arrivano le navi giapponesi, che fanno la mattanza e congelano il pesce direttamente a bordo".

"La rinascita è possibile"

Il mare di Marina di Camerota, nel Cilento, era stato scelto per allevarli nel 2005, un anno davvero tragico per il tonno rosso: "La concorrenza nordafricana fece crollare il prezzo in Italia a 3,5 euro al chilo, praticamente non ci stavamo nei costi. Così, insieme ad altri otto armatori, prendemmo la via dell'allevamento per poi vendere il tonno in Giappone". Inizialmente si è trattata di una scelta di successo, ma con il passare del tempo si sono presentati dei problemi: "Prima l'amministrazione ci ha chiesto di spostare le gabbie oltre tre miglia dalla costa per una questione ambientale e già questo non andava bene perché esponeva troppo i tonni alle mareggiate e al maltempo". E poi "ci si sono messi anche gli ambientalisti, a dire che i tonni sporcavano. Capirà, cosa potevano fare? Né più né meno quello che facevano da liberi".

Da qui è nata la decisione di trasferirsi a Malta, dove i regolamenti sono meno rigidi e i costi di allevamento inferiori. Non è da escludere però che nel breve tempo possano esserci sviluppi importanti e positivi. Paolo Tiozzo sostiene a gran voce: "Il momento è adatto per far rinascere una filiera del tonno rosso in Italia". In commissione Agricoltura e pesca, alla Camera, in questi giorni si sta discutendo della proposta di legge per la creazione di una filiera industriale avente due obiettivi ben precisi: riportare gli allevamenti di tonno rosso in Italia e dare vita subito a un giro d'affari di 100 milioni di euro. Circa 15 armatori si sono già detti interessati al progetto e due tonnare sono pronte ad aderire.

Il vicepresidente di Fedagripesca Confcooperative si è detto perciò fiducioso sulla rinascita dell'industria italiana del tonno rosso: "A Malta ormai le gabbie per l'allevamento sono in overbooking. Inoltre, dopo una decina d'anni di quote di pesca ridotte all'osso, il Mediterraneo si sta ripopolando di tonni e l'Unione europea ha deciso di allargare le maglie".

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