L'Italia è uno dei paesi che più risente del clima internazionale perché è un Paese esportatore e manifatturiero, ma anche per l'alto debito pubblico. Il ministro dell'Economia Giovanni Tria resta comunque fiducioso. «Non è l'Italia che rischia una recessione, è l'Europa. C'è un problema di possibile crisi economica a livello globale. L'impatto della guerra sui dazi e le difficoltà delle guerre commerciali sull'alta tecnologia stanno rallentando gli investimenti e stanno avendo effetti pesanti sull'economia», ha spiegato parlando al Meeting di Rimini.
A favore del Belpaese gioca la capacità di reagire. «La Germania si avvicina alla stagnazione e l'Italia non diverge da questo punto di vista. Anzi - ha aggiunto il ministro - direi che è paradossale ma pur nella stagnazione l'economia italiana sta mostrando una forte resilienza e resistenza».
Tria è un tecnico prestato ad un governo che oggi è a fine corsa. Nonostante abbia chance di essere confermato nel nuovo esecutivo ieri è tornato a sostenere una tesi controcorrente e indigesta, che è «preferibile» ridurre le imposte dirette e aumentare quelle indirette. Quindi sì agli aumenti Iva per tagliare l'Irpef. La scelta comunque «è politica».
Resta l'ottimismo sui conti che «sono in ordine, abbiamo tassi sul debito molto bassi e quindi adesso vediamo cosa bisognerà fare, quindi o noi o il governo che ci sarà potrà muoversi con molta calma anche perché si riapre in Europa il dibattito sulle politiche ovviamente ed è bene che l'Italia sia presente».
Sulla prossima legge di Bilancio Tria prende le distanze da Matteo Salvini, sostenendo di non conoscere la manovra da 50 miliardi annunciata dal leader della Lega. Ma sulla prossima sessione di bilancio ostenta sicurezza. «Io direi di stare tranquilli». Non spaventa nemmeno l'ipotesi dell'esercizio provvisorio: «È soltanto un ritardo nell'approvazione di una legge di bilancio».
La sicurezza di Tria sembra, in parte, condivisa dai mercati e anche dai media, generalmente severi con l'Italia. Ieri il Financial Times, ha scritto che gli investitori «non sembrano averne abbastanza dei» titoli di stato italiani, anche se il governo è caduto. Il motivo? «Gli investitori sono rilassati davanti alla fine dell'alleanza» M5S-Lega «che spesso si è scontrata con l'Unione Europea sul deficit dei conti pubblici italiani».
La riduzione dello spread Btp/Bund (che in realtà ieri ha ripreso a correre superando quota 200) non è merito delle prospettive politiche dell'Italia. Semmai è una «forte scommessa sulla ripresa degli acquisti» di titoli di Stato da parte della Bce».
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