Per il trono di Intesa spunta il «papa» straniero

Venerdì parte la nuova governance. E per il successore di Bazoli potrebbe toccare agli azionisti esteri. Ma Corradini resta in pista

Il cantiere per trovare il successore di Giovanni Bazoli al vertice di Intesa Sanpaolo è stato aperto. Fra i papabili c'è il commercialista modenese Carlo Corradini, ex ad di Banca Imi e dal 2013 consigliere di sorveglianza eletto nello stesso «listone» di Bazoli proposto dalla Fondazione Cariplo. Una scelta gradita al professore bresciano ma soprattutto al patron dell'ente milanese, Giuseppe Guzzetti. Ma il futuro presidente di Intesa potrebbe anche parlare straniero.

L'ipotesi di una nome che sia espressione degli investitori esteri non va, infatti, esclusa: la loro presenza nel capitale della banca è arrivata a sfiorare il 65 per cento. Fra i soci oggi si contano gli americani di Blackrock (al 4,8%), i norvegesi di Norges (2,09%) e anche i cinesi di People's Bank of China che hanno sborsato un miliardo per il 2 per cento.

Non solo. L'azionariato è destinato a cambiare ulteriormente nei prossimi mesi. La Compagnia Sanpaolo presieduta da Luca Remmert dovrà presto cedere il 4% del suo pacchetto (ora ha il 9,3%), per rispettare il protocollo siglato tra il Tesoro e l'associazione delle Fondazioni (l'Acri) che impone di ribilanciare l'esposizione nella banca partecipata, quando questa supera il 33% del patrimonio del singolo ente (a Torino l'asticella è già al 54%). Ad acquistare potrebbe essere un fondo straniero, o un azionista intenzionato a crescere, replicando il modello Mps dove la Fondazione è scesa nel capitale, ha accompagnato l'ingresso di soci privati selezionati (i fondi sudamericani Btg e Fintech) con cui ha stretto un patto di sindacato e si è così salvata dal fallimento. «Ci dovrebbe essere un'ordinata transizione verso investitori istituzionali di alta qualità. Servirà tempo e dobbiamo assicurarci il supporto di questa nuova categoria di investitori», aveva del resto anticipato Bazoli in un'intervista rilasciata nel febbraio del 2014 al Financial Times .

Il cambio al vertice di Intesa arriverà solo dopo il tagliando alla governance. Venerdì 16 ottobre scatterà l'iter per il passaggio dal modello duale a quello monistico. Il nuovo statuto finirà prima sul tavolo del Consiglio di Gestione e poi su quello di Sorveglianza. La bozza verrà poi inviata alla Bce che avrà 90 giorni di tempo per dare il via libera. Una volta incassato il «timbro» di Francoforte, verrà convocata l'assemblea straordinaria che potrebbe tenersi nella seconda metà di febbraio (dopo quella sui dati preliminari di bilancio). Servirà infine un mese di tempo per costruire le liste del cda che vanno depositate 40 giorni prima dell'assemblea di rinnovo e quindi si potranno convocare i soci, presumibilmente all'inizio di maggio.

Di certo, a fare da regista sia alla scelta del nuovo presidente sia al nuovo governo societario è sempre Bazoli, in tandem con Guzzetti. Entrambi operano in piena sintonia con la Bce di Mario Draghi che dal novembre scorso ha in mano la Vigilanza unica europea.

Nel nuovo mercato bancario «continentale» Intesa è di fatto uno dei pesi massimi (nel primo semestre ha distribuito circa 22 miliardi di nuovo credito a medio-lungo termine) che da tempo ha avviato un percorso di espansione oltre i confini domestici. Parte integrante di quella «transizione ordinata», come l'ha chiamata Bazoli.

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