Se non ci fossero di mezzo le sorti del commercio mondiale, sembrerebbe quasi una zingarata. Una roba un po' goliardica, da ragazzacci di «Amici miei» ai quali Donald Trump potrebbe idealmente unirsi. Il tycoon, che ieri sera ha firmato il decreto con cui vengono applicati i dazi sull'import di acciaio e alluminio, si è infatti inventato la tariffa flessibile, da accordare ai «veri amici» dell'America «che si comportano con equità sia sul piano commerciale che su quello dell'alleanza militare». Un modo divisivo per creare altre spaccature e supporter di serie A e di serie B della bandiera a stelle e strisce. Nonostante i venti di guerra commerciale che soffiano sempre più impetuosi, tra la minaccia di ritorsioni immediate da parte della Cina (tra i principali detentori di debito statunitense) e la black list dei prodotti Usa già stilata dall'Unione europea, The Donald va avanti per la propria strada. I repubblicani votano contro la lui spiega: «Una nazione che non protegge la prosperità a casa non può proteggere i suoi interessi all'estero». L'obiettivo dell'amministrazione Usa è «proteggere la sicurezza nazionale americana dagli effetti di pratiche commerciali ingiuste». Sono tre i punti sottolineati in una nota: la sicurezza economica equivale alla sicurezza nazionale, l'eccesso di capacità e pratiche commerciali ingiuste hanno decimato industrie cruciali, il declino della produzione Usa di acciaio e alluminio è costato posti di lavoro.
I dazi, firmati da un Trump attorniato da una rappresentanza di operai, entreranno in vigore fra 15 giorni e non riguarderanno per ora né Messico né Canada. «Ai nostri buoni amici a Nord e a Sud del confine, Canada e Messico - ha anticipato Peter Navarro, direttore del National Trade Council - sarà data un'opportunità di negoziare un accordo di equo commercio per il Nafta». Salva dovrebbe inoltre essere l'Australia, con cui «abbiamo un rapporto molto stretto - ha spiegato Trump - e un surplus commerciale: faremo qualcosa con quel Paese». «Se cercano di fare un'eccezione per uno dei nostri Stati membri, devono farle per tutti», ha detto il vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen. Peccato che Trump non sembri disposto a un condono totale. Anzi. Incurante di ogni regola diplomatica, come già accaduto quando aveva accusato l'euro di essere un marco mascherato, il presidente Usa ha puntato il dito contro Berlino: «Abbiamo amici e anche nemici che hanno enormemente approfittato di noi per anni nel commercio e nella difesa. Se guardiamo alla Nato - ha aggiunto - la Germania paga l'1% mentre noi paghiamo il 4,2% del Pil, una quota molto più grande. Non è giusto». In Europa sono undici i Paesi pronti a firmare un'intesa su libero scambio e il presidente del Ppe all'Europarlamento Manfred Weber giudica «deplorevole» la decisione. Come si comporterà la Casa Bianca nei confronti della Cina, già invitata a ridurre il surplus commerciale verso l'America? Pechino ha subito mandato un avviso eloquente minacciando una «risposta legittima e necessaria».
«Più la Cina si sviluppa, maggiore sarà il suo contributo al mondo - ha spiegato il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi - La Cina è impegnata in una lunga marcia verso la modernizzazione e non ha la volontà o il bisogno di rimpiazzare l'America».RPar
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