Ubi fa posto ai fondi nel consiglio

Ubi Banca ridisegna il sistema di governo per diventare una «popolare integrata», così da dare più voce in consiglio ai fondi di investimento. Pur preservando il mantra del voto capitario, l'ad Victor Massiah segue quindi la spinta al rinnovamento impressa da Bankitalia alle grandi cooperative con le ispezioni. L'obiettivo è cambiare rispetto alla «logica territoriale» che ha finora contraddistinto la macchina elettorale di Ubi: l'ultima assemblea per il rinnovo del Cds ha visto una guerra tra la «lista della continuità» e la proposta di Giorgio Jannone; senza contare la nascita di un terzo schieramento bergamasco. Per contenere il peso dei dipendenti-soci e fare convergere gli interessi dei diversi stakeholder, Ubi introduce poi il «televoto» e pone il vincolo che le liste, per essere depositate, devono essere presentate da almeno 500 soci che rappresentino almeno lo 0,5% del capitale. Il progetto, approvato ieri, prevede, dal prossimo rinnovo, consigli più snelli e meno «anziani», grazie ad appositi limiti di età: il cds scende da 23 a 17 posti e da 11 a 9 il cdg, dove devono sedere i top manager: la maggioranza del cds sarà di indipendenti, con un tetto di mandati per le cariche apicali.


«Il concetto di popolare integrata - precisa Ubi - si esprime attraverso il mantenimento del principio del voto capitario nella selezione delle due liste di maggioranza e di minoranza per l'elezione del Cds, accompagnate da un meccanismo di premio nell'attribuzione di consiglieri che tiene conto del capitale complessivamente detenuto dai soci che hanno votato ciascuna lista».

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