Unicredit batte le attese con 1,1 miliardi di utili

L'ad Ghizzoni conferma il piano industriale malgrado il calo del Pil. E Pioneer non si vende

Unicredit batte le attese con 1,1 miliardi di utili

Malgrado la «sovrattassa» escussa dal governo Renzi sulla rivalutazione della quota detenuta in Bankitalia, Unicredit ha sorpreso gli analisti con 1,1 miliardi di profitti nel primo semestre (+37,8%), di cui 403 milioni (+11,6%) soltanto da aprile a giugno, contro un consensus di 330 milioni. I ricavi sono in calo del 3,2% a 11,3 miliardi, ma l'amministratore delegato Federico Ghizzoni ha confermato sia il target di 2 miliardi di utili fissato per dicembre sia il piano industriale. Anche davanti al deludente dato sul Pil italiano che l'Istat diffonderà oggi, «non c'è nessun bisogno di rivedere il piano industriale», ha assicurato il banchiere, aggiungendo che Piazza Cordusio aveva già messo in conto una ripresa tiepida per la Penisola. Unicredit è molto solida (10,4% il Cet a fronte di crediti deteriorato in calo) ma nell'ultimo trimestre l'Italia si è rivelata un «motore» importante, assicurando ricavi in aumento (+1,3%) e 600 milioni di profitti (+16,6%). In valore assoluto più di quanto Ghizzoni e la sua squadra siano riusciti a «spremere» da tutto il resto d'Europa (+14,1% per 400 milioni di utile) o dalla divisione della banca d'affari «Cib» (200 milioni), penalizzata da una posta straordinaria da 120 milioni per il riconteggio di alcuni derivati tedeschi.

Dal punto di vista strategico, dopo la quotazione in Borsa di Fineco, l'attenzione è comunque focalizzata sul destino della controllata Pioneer: «Non la venderemo. È un asset strategico per noi», ha ripetuto più di una volta Ghizzoni. L'obiettivo è individuare «un modo per accelerare la crescita organica» della società dei fondi, «guardando a possibili partner»: nelle sale operative erano circolate voci su avance da parte degli spagnoli del Banco Santander e dei fondi Cvc. «Qualsiasi cosa succeda», Piazza Cordusio rimmarrà l'«azionista di riferimento di Pioneer. Se non succede niente, invece, andiamo avanti con il nostro piano».

Dal punto di vista geografico, Ghizzoni ha intanto confermato il carattere «strategico» della controllata in Russia, escludendo un «rischio sistemico» dall'impatto sull'econonomia moscovita delle sanzioni internazionali conseguenti alla crisi ucraina. Così come continua a marciare la Turchia. Il «Cib» dovrà invece affrontare l'addio del suo capo Jean-Pierre Mustier, il banchiere voluto da Ghizzoni qualche anno fa per ridisidegnare l'area e che sarà ora presto sostituito da Gianni Franco Papa, al momento «regista» delle attività della superbanca nel resto d'Europa. Lascia anche il capo della compliance Nadine Faruque.

Dopo uno strappo iniziale, Unicredit ha chiuso in Borsa in calo dell'1%, trascinata al ribasso dalla debolezza dell'indice in attesa del Pil. La nostra economia ha insomma bisogno di riforme, e Ghizzoni non si stupisce che il mercato sia molto esigente con il governo Renzi.

Quanto infine ai Btp in portafoglio, Unicredit ha un giardinetto «diversificato» e quindi non seguirà l'azione di alleggerimento avviata da Intesa Sanpaolo, ma Ghizzoni non nasconde il pericolo di una «differente valutazione» dei titoli di Stato da parte del Comitato di Basilea.

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