Unicredit, gli Enti chiamano Gros-Pietro

Unicredit, gli Enti chiamano Gros-Pietro

Unicredit senza Dieter Rampl alla presidenza parlerà ancor di più italiano. Quello del cda-fiume di martedì scorso ha rappresentato l’unico esito possibile per una contesa che ormai aveva margini molto stretti di ricomposizione. Da una parte le Fondazioni azioniste della banca - che dopo l’aumento di capitale da 7,5 miliardi si attestano al 12% - dall’altra parte l’ormai ex numero uno che voleva disegnare una governance alla «tedesca» riducendo il cda a una quindicina di componenti, tutti di alto profilo. Senza tener conto delle aspettative degli enti di origine bancaria che intendono ancora avere l’ultima parola su Piazza Cordusio. E sarà proprio questa la nuova base di partenza per la designazione del nuovo presidente dell’unica banca italiana tra le 29 istituzioni di rilevanza globale (G-Sifi). Le Fondazioni individueranno un nominativo autoctono, di elevato standing, che continui a rappresentare le loro istanze e che possa garantire la realizzazione del piano industriale, cioè dividendi.
Ma può il 12% di una società influire sulle scelte della totalità? La risposta è parzialmente positiva perché, dopo il maxiaumento, la composizione interna dell’azionariato di Unicredit è cambiata: ad esempio, c’è un 4% circa che fa riferimento a nomi di spicco di Piazza Affari come Francesco Gaetano Caltagirone, Diego Della Valle e Leonardo Del Vecchio. E ci sono le condizioni per la creazione di un asse tra Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e rappresentante di Fondazione Crt (salita al 3,8%) e Francesco Gaetano Caltagirone, che ha lasciato la vicepresidenza di Mps per entrare a Piazza Cordusio. Certo, è ancora presto: Caltagirone è appena arrivato e la sua presenza deve ancora farsi sentire. Di sicuro non entrerà in cda, ma potrebbe essere subito coinvolto nella governance. I nuovi assetti potrebbero comunque ruotare su questo perno. Decisivo però il placet di Paolo Biasi (CariVerona).
Ad esempio, il candidato al momento in vantaggio per la poltrona numero uno è Gian Maria Gros-Pietro, manager di scuola Iri, ex presidente di Eni e Autostrade e consigliere Fiat. Ma soprattutto presidente di Perseo, finanziaria partecipata da Fondazione Crt (39,3%), Mediobanca e Generali. È proprio con la creazione di quel veicolo che i rapporti tra Gros-Pietro e Palenzona si sono ulteriormente cementati dopo le già buone frequentazioni in ambito autostradale. Non trascurabili anche le chance del direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni. Il codice etico di Via Nazionale imporrebbe un blackout period di un anno, non si tratta però di un dogma con interpretazione autentica. Più staccati l’ex componente del board Bce Lorenzo Bini-Smaghi e il giurista Guido Rossi, mentre l’outsider potrebbe essere Domenico Siniscalco, già dg del Tesoro, country manager di Morgan Stanley e presidente di Assogestioni. Con Palenzona Siniscalco cercò un’intesa per il consigliere indipendente di Mediobanca senza esito. Prevalse Roversi Monaco sul candidato dei fondi Giavazzi.
Basterà? Si tratterà di valutare se anche gli altri azionisti in cerca di soddisfazione in cda possano convergere. C’è tempo fino al 16 aprile per la presentazione delle liste. Ma due dati sono certi.

Da martedì notte il top management di Unicredit è ancora più saldo in sella. In secondo luogo, dopo la tumultuosa uscita di Cesare Geronzi dalle Generali, si sta formando un nuovo centro di coordinamento finanziario con gangli sia a Roma sia a Torino.

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