"Unicredit lontana dal nostro modello, vogliono cancellare 160 anni di storia"

Il numero due di Piazza Meda Domenico De Angelis: "Progetto non chiaro"

"Unicredit lontana dal nostro modello, vogliono cancellare 160 anni di storia"
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Domenico De Angelis, condirettore generale di Banco Bpm, trascorre poco tempo alla scrivania. Le sue giornate si snodano attraverso una fitta rete di incontri con decine di imprenditori e di clienti del territorio, soprattutto in questa fase di incertezza dovuta alle sorti dell'Ops lanciata da Unicredit sull'istituto guidato da Giuseppe Castagna. "Avvertiamo una forte apprensione per questo progetto così incerto e che blocca la banca ormai da sette mesi", spiega.

De Angelis, cosa vi domandano imprese e famiglie?

"Ci chiedono quali saranno i loro punti di riferimento futuri. Abbiamo letto che a Verona e Novara verranno alienate tutte le filiali e che altrove dovrebbe accadere altrettanto, ma non capiamo con quali modalità. Quale modello di banca il nuovo potenziale gruppo intende creare? Radicato sul territorio come il nostro, o un modello che vedrà decentrati i nuclei decisionali e accentrate le delibere di credito o le politiche di prestito, basandosi solo su algoritmi? Sono questi gli interrogativi che si pongono i colleghi e i clienti".

Temono per il loro futuro?

"A Verona, oltre ai colleghi del commerciale, abbiamo circa 2mila dipendenti nella direzione generale di Banco Bpm: che cosa faranno se un domani post-aggregazione, si procederà a ridimensionamenti per ottenere tutte le sinergie di costo? A Novara abbiamo 450 persone nella sede della direzione territoriale, a Lodi e in Toscana altre centinaia. In tutti i poli dove avevamo le banche di territorio, poi aggregate, Banco Bpm ha garantito una continuità di strutture e personale importante, in ragione del modello di banca del territorio. Ora si prospetta un approccio molto differente".

Cosa la preoccupa di più?

"Non ci è dato sapere quale sarà l'eventuale modello organizzativo. Per di più i tempi si stanno allungando e diventano alquanto atipici per una Ops. In una banca che acquisisce e valorizza, uno più uno sul credito fa due. Ma in una banca che presumibilmente andrà in direzione opposta, quanti interlocutori rimarranno se oltre 200 filiali verranno eliminate? Il progetto iniziale di Unicredit era di un'acquisizione da realizzare in sei mesi ma siamo oltre quell'orizzonte e di una successiva eliminazione dei marchi. Ma non si possono cancellare 160 anni di storia. In Italia sono state fatte tante operazioni dove venivano chiarite sin dall'inizio le sorti dei territori, le quote di mercato e quelle di capitale da dedicare. Perché in questo caso non viene detto?"

Teme che si snaturi una precisa identità?

"Se compri una realtà solida che finanzia le famiglie e le pmi, ne vendi gli sportelli, ne elimini i marchi e i modelli, non puoi rimanere una vera banca di territorio. Non ci si può improvvisare. Essere una banca internazionale che ha meno della metà dei propri finanziamenti in Italia e che ha un approccio manageriale completamente diverso dal nostro è ben altra cosa: non lo contesto, ma non si venga a criticare, o peggio a eliminare, il nostro modello di fare credito".

Non è più oneroso per un istituto finanziare le pmi?

"Sicuro. Noi paghiamo degli eccellenti dividendi ai nostri soci ma abbiamo anche scelto di allocare una quota di capitale molto importante non per fare dei buyback o dividendi straordinari, ma per finanziare le pmi. Credo che al territorio serva soprattutto questo e non mi sembra il modello di Unicredit".

Da 25 anni lei lavora in Bpm. Riesce a immaginarsi in un gruppo che ha orizzonti più esterofili?

"Ho appoggiato tutte le fusioni in Bpm da quando sono in questa banca, perché avevano sempre un minimo comune denominatore, che erano i marchi locali e la

valorizzazione di tutti gli attori: clienti, dipendenti e territori. Chi in futuro vuole adottare questo modello avrà la mia considerazione. Ma al momento vedo solo grande incertezza sui modelli, sull'approccio, su tutto".

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