Unicredit, si pensa a 10mila esuberi

Le indiscrezioni sul piano industriale fanno infuriare i sindacati: «Mobilitazione»

Unicredit, si pensa a 10mila esuberi

Un tumulto ha scosso un tranquillo lunedì di Borsa in Piazza Affari. Un'indiscrezione sul nuovo piano di Unicredit che sarà varato a fine anno, riportata dall'agenzia Bloomberg, ha messo in subbuglio i sindacati bancari. Il lancio faceva riferimento all'ipotesi di 10mila tagli all'organico distribuiti fra l'Italia e gli altri Paesi in cui il gruppo di Piazza Gae Aulenti specificando che, alla fine, gli esuberi potrebbero anche risultare inferiori alle stime in quanto il vero obiettivo sarebbe il taglio del 10% dei costi operativi.

Sebbene non commentate dalla banca, le indiscrezioni hanno messo in subbuglio i rappresentanti dei bancari, già scossi dal taglio draconiano di 18mila posti annunciato due settimane fa da Deutsche Bank che, nonostante non riguardasse l'Italia, ha fatto alzare il livello di guardia sul fronte della tenuta dei livelli occupazionali. In realtà, anche se il piano al 2023 è in fase di scrittura da parte dell'ad Jean-Pierre Mustier, alcuni punti che ridurrebbero l'impatto sociale dei rumor si possono tenere presenti. In primo luogo, considerato che a fine 2018 i dipendenti di Unicredit a livello di gruppo erano 86.232 e, quindi, il possibile taglio di circa 10mila posti (full time equivalent) del nuovo piano riguarderebbe poco più del 10% della forza lavoro. Non sarebbero numeri «nuovi» per la banca, visto che in due anni ha ridotto i suoi dipendenti di quasi 12mila unità. Stando sempre al bilancio 2018, in un anno la banca ha diminuito i suoi dipendenti di 5.166 unità, passando dai 91.952 di fine 2017 agli 86.786 di fine 2018. Lo stesso si può dire dell'anno precedente: a fine 2016, la banca contava 98.304 assunti, che portano il totale delle uscite a circa 12mila negli ultimi due anni e a 14.720 da dicembre 2015. Insomma, nell'arco di un piano le uscite sarebbero da considerarsi «fisiologiche». Tanto più che nel precedente business plan, elaborato da Mustier a fine 2016, le uscite erano state «condivise» con i leader delle sigle sindacali.

«Sarebbe una vergogna, siamo pronti alla mobilitazione. Manovre di questo tipo sono tutte a danno del personale, di una banca che pretende di fare affari in Italia senza tener conto del contesto sociale del Paese», ha commentato a caldo il segretario della Fabi (maggior sindacato bancario), Lando Maria Sileoni che, di recente, ha sempre sottolineato l'intenzione di non scendere a compromesse sul fronte della tutela dei posti di lavoro. «Siamo fortemente contrari e preoccupati, soprattutto se venissero vendute anche le fabbriche prodotto», gli ha fatto eco Massimo Masi (Uilca). Già sabato scorso, Masi aveva scritto parole dure a seguito dell'intervista concessa da Mustier a Milano Finanza. «Le voci di un Piano Industriale lacrime e sangue che quotidianamente escono dal grattacielo di Piazza Gae Aulenti non ci rassicurano, anzi siamo molto preoccupati», aveva scritto, invitando l'ad a un «confronto serio, puntuale e quanto mai necessario».

Il Ceo transalpino aveva, infatti, evidenziato che «l'efficienza arriverà soprattutto dall'ottimizzazione delle attività; per esempio semplificheremo i processi e la gamma prodotti grazie all'automatizzazione e alla digitalizzazione». Ieri a Piazza Affari Unicredit è stato poco mosso cedendo lo 0,34% a 11,19 euro.

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