Leonardo Del Vecchio vuole giocare un ruolo da king maker nel rinnovo del cda di Unicredit e, forte dell'appoggio di Fondazione Crt e Cariverona, inserire persone di fiducia nel prossimo consiglio di Piazza Gae Aulenti. Trovano così conferma le indiscrezioni, rilanciate ieri dal sole24ore.it, secondo cui l'asse degli azionisti italiani (titolari del 5,3% del capitale complessivamente) potrebbe addirittura preparare una lista alternativa a quella che sta elaborando il cda in scadenza con le mediazioni del presidente Cesare Bisoni, del suo successore designato Pier Carlo Padoan e del presidente del comitato nomine Stefano Micossi assieme all'advisor Spencer Stuart.
Secondo fonti accreditate, il presidente di EssiLux avrebbe espresso gradimento per la designazione di un top banker come Andrea Orcel in luogo dell'uscente Jean-Pierre Mustier, ma la questione dirimente pare essere un'altra. Del Vecchio e le Fondazioni da giorni stanno cercando assolute garanzie che la banca non si presterà a operazioni «politiche» di fusione con Monte Paschi per fare un «favore» al Tesoro, obbligato a uscire dal capitale (ha il 64,2%) entro fine anno. Di qui anche la possibilità che l'idea di una contro-lista sia stata ventilata in funzione deterrente.
Non è detto, comunque, che l'opera di mediazione svolta da Bisoni, Padoan e Micossi non riesca ad addivenire a un risultato. Occorre, comunque, ricordare che Del Vecchio potrebbe esercitare un'azione di moral suasion nei confronti dei fondi azionisti di Unicredit. E rischia di essere solo un dettaglio il fatto che l'eventuale «manovra di disturbo» potrebbe indirettamente nuocere allo stesso Del Vecchio che è il primo socio con l'11,9% di Mediobanca, principale advisor di Mps nella ricerca di un partner al quale questa settimana è stato affiancato il Credit Suisse.
Nella notte tra venerdì e sabato è stato pubblicato, su richiesta della Consob, il piano industriale predisposto dall'ad di Rocca Salimbeni, Guido Bastianini, e che prevede per l'anno in corso una perdita di 562 milioni di euro per poi tornare in utile già nel 2022 per 41 milioni, dato che salirà a 292 milioni nel 2023, a 454 milioni nel 2024 e infine a 559 milioni nel 2025, anno in cui il margine operativo lordo si attesterà a 1,25 miliardi di euro. I ricavi nei 5 anni cresceranno con una media del 2% annuo.
Confermati gli esuberi, che saranno pari a 2.670 unità. Il piano, comunque, tiene conto dell'impegno del Tesoro alla dismissione della quota. Un obiettivo sulla cui realizzazione né a Roma né a Milano non c'è, al momento, alcuna certezza.
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