Transizione energetica

Le vere ragioni del boom dei prezzi delle materie prime

Per Gianclaudio Torlizzi, che ha indagato la questione nel saggio "Materia rara", la risposta al perché si assista un aumento vertiginoso dei prezzi è chiara: il sistema mondiale è entrato in un contesto di totale sconvolgimento

Le vere ragioni del boom dei prezzi delle materie prime

Dal petrolio in prezzi negativi al boom dei prezzi; dalla crisi di offerta a una disponibilità di mercato che non riesce a stare al passo di una domanda in decollo; dal caos sistemico per gli approvvigionamenti energetici al combinato disposto tra inflazione feroce, mercati volatili e transizione. Il mondo delle materie prime, dell'energia e delle relazioni geopolitiche ha subito profondi sconvolgimenti dal 2020 in avanti. E per Gianclaudio Torlizzi, che ha indagato la questione nel suo saggio Materia rara, la risposta è chiara: il sistema mondiale è entrato in un contesto di totale sconvolgimento in questo senso.

Torlizzi lo spiega con cognizione di causa. Il consulente e fondatore di T-Commodity spiega che "dal rame al petrolio, passando per il minerale di ferro e il caffè, le percentuali di crescita" dei prezzi da inizio pandemia in avanti "sono arrivate anche a tre cifre percentuali, toccando in alcuni casi livelli record di prezzo, e alimentando in questo modo la tesi dell’inizio di un vero e proprio superciclo, ovverosia un periodo protratto di crescita della domanda, così intenso da rendere i produttori incapaci di soddisfare la richiesta".

Si tratta del quarto caso in poco più di un secolo dopo quelli di inizio Novecento, durante la corsa industriale di Paesi come Usa e Germania prima della Grande Guerra, l'era della crisi energetica degli Anni Settanta e la fase seguita all'ampia industrializzazione della Cina nel primo decennio di questo secolo. Un caso che, secondo Torlizzi, si basa però su un "elemento di disruption, di rottura, destinato a mutare nel profondo il paradigma dell’economia mondiale". L'analista fa riferimento nel suo saggio all’implementazione dei "piani climatici che sia sul fronte della mitigazione (che verrà perseguito attraverso il processo di elettrificazione e riduzione dell’estrazione e raffinazione di petrolio) sia su quello dell’adattamento (attraverso la costruzione di infrastrutture) comporteranno un notevole aumento dei consumi di materia prima". E cambieranno profondamente le dinamiche strategiche dei settori industriali chiamati a contribuire alla causa.

L'autore ha anticipato diverse dinamiche che si sono rese manifeste nel lungo biennio che dal Covid ci ha portato alla guerra russo-ucraina. Da un lato, Torlizzi mette chiaramente in luce come la transizione energetica sarà un obiettivo politico prima ancora che una sfida sistemica, analizzandola come questione legata strettamente profondamente a investimenti strategici, nuove catene del valore, materie prime che diverranno sempre più critiche per costruire gli asset energetici di domani. Dall'altro lato, lo stesso autore analizza come il collo di bottiglia principale per accelerare l’ingresso delle rinnovabili e delle fonti di energia pulite nel contesto globale può essere proprio connesso alle problematiche di reperimento di tali materiali. Sono questi gli avvertimenti che l’Agenzia mondiale dell’energia (Iea) ha lanciato nel 2021 in un corposo report, The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, in cui si sottolinea l’importanza delle filiere di approvvigionamento e della disponibilità concreta di una serie di materiali critici e strategici per la costruzione dei nuovi asset funzionali alla transizione: litio, terre rare di vario tipo, ma anche oro e altri metalli "nobili".

Le politiche energetiche possono portare al rischio di un eccessivo utopismo nella programmazione delle strategie energetico-ambientali del futuro. Su InsideOver abbiamo più volte sottolineato che un'altra questione da osservare con attenzione sarà quella legata alle ricadute geopolitiche della transizione, che nel saggio non mancano di essere studiate. La geopolitica e lo scontro di potenza Usa-Cina, a cui si associa oggi la variabile impazzita della Russia, appare adesso come il fattore abilitante della competitività a tutto campo dovuta alla guerra per le forniture di materie prime critiche e agli scompensi post-ripresa. Oggi ulteriormente complicate dalla trasformazione in arma (weaponization) dei mercati energetici.

Torlizzi sottolinea che un ulteriore, importante “collo di bottiglia” destinato ad accrescere i prezzi finali è quello già venutosi a formare rispetto al cruciale settore dei chip. Il chipageddon impatta sul legame biunivoco tra transizione energetica e rivoluzione digitale, ma tocca anche il mondo delle auto elettriche, della mobilità sostenibile, del governo delle nuove reti intelligenti.

Certo, come ricordato dall'analista Giacomo Gabellini, il peso dei rincari dipende anche molto dai livelli di partenza decisamente bassi e dal primo calo post-Covid. "La risalita delle quotazioni delle commodity si situa al termine di un decennio di prezzi bassissimi, che hanno privato i Paesi produttori delle risorse e delle motivazioni necessarie a sostenere gli investimenti finalizzati al miglioramento delle loro performance in materia di estrazione, coltivazione, trattamento, stoccaggio, trasporto, ecc", spiega l'analista. Tuttavia, la corsa cui stiamo assistendo è senza fine e contribuisce a un'inflazione feroce e dannosa per l'intero comparto economico del mondo occidentale. "Materia prima" invita al pragmatismo nella transizione. Politiche realiste, senza utopie "green" compiute a scapito dell'industria e del corretto sviluppo dei mercati, possono favorire un atterraggio morbido.

Il più radicale degli spiriti rivoluzionari, invece, rischia di far schiantare i nostri sistemi all'incrocio tra crisi dei prezzi nelle risorse tradizionali e dipendenza da materie prime in volo nelle quotazioni per investimenti in rinnovabili sempre più incerti nei tempi che corrono.

Materia rara

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