Il prezzo del petrolio è sceso ieri sotto i 37 dollari il barile, minimo da sei anni. È l'ennesima puntata di una discesa al momento inarrestabile. Il crollo delle quotazioni, ancora sopra i 110 dollari nell'estate dello scorso anno, è in gran parte legato al rifiuto dell'Opec di tagliare una produzione in eccesso (31,6 milioni di barili al giorno in novembre) rispetto a una domanda calante a causa della frenata della Cina e dei Paesi emergenti. In assenza di interventi correttivi sull'output, il barile potrebbe precipitare fino a 30 dollari. I vantaggi? Ci sono, ma non vanno sottovalutati gli svantaggi.Cominciamo dai pro. Bassi prezzi del petrolio si riflettono sui costi della bolletta energetica, soprattutto per un Paese come l'Italia. Già a fine anno la fattura petrolifera scenderà sotto i 24 miliardi di euro pagati nel 2014 e quella energetica sarà inferiore ai 44 miliardi dello scorso anno. Se l'anno prossimo la media dei prezzi si attesterà sotto i 52 dollari il barile dei primi 11 mesi del 2015, i risparmi saranno ancora maggiori; e il contributo al Pil, stimato in un +0,5% quest'anno, sarà senz'altro superiore. Un aiuto alla ripresa. Anche perché vanno considerati i minori costi di trasporto delle merci che rendono i beni di consumo più economici. Bollette più leggere significano inoltre risorse supplementari a disposizione di famiglie e imprese, in particolare quelle più «energivore». Secondo alcune stime, un calo dei prezzi dei derivati del petrolio tra il 10 e il 15% fa aumentare di 650 milioni il fatturato delle aziende con 20 o più addetti, mentre le famiglie possono beneficiare di un risparmio annuo sulla spesa per carburanti pari a 2,1 miliardi. Il capitolo carburanti resta comunque spinoso. Negli ultimi giorni una raffica di ribassi ha fatto scendere i prezzi della benzina a 1,462 euro il litro e quelli del diesel a 1,318 euro. Ma l'effetto di trascinamento sui listini derivante dal calo delle quotazioni del greggio non è così immediato. Il fenomeno è in parte imputabile alla lentezza con cui le compagnie adeguano i prezzi, ma è soprattutto provocato dalla fortissima imposizione fiscale, con particolare riferimento alle accise. Si tratta di tasse sul consumo decise per risolvere problemi di cassa creati, per esempio, da un'alluvione o da un terremoto, ma che in seguito non sono state rimosse. Attualmente le accise pesano per oltre il 68 sul prezzo della benzina e per il 64,1% su quello del gasolio.E veniamo ai risvolti negativi. L'impatto sulle compagnie petrolifere è innegabile: giganti come Chevron e Conoco hanno già annunciato tagli agli investimenti. Claudio Descalzi, ad dell'Eni, ha detto ieri che «dobbiamo stare in piedi e crescere anche con il petrolio a 40 dollari», ma alcuni calcoli stimano che il Cane a sei zampe vede ridursi gli utili di 100 milioni ogni volta che il barile scende di un dollaro. Altri due downside: da un lato, i bassi prezzi del greggio disincentivano la ricerca di fonti energetiche alternative proprio nel momento in cui la riduzione delle emissioni di CO2 è stato al centro della conferenza sul clima di Parigi; dall'altro, possono indurre i fondi sovrani (spesso emanazione di Paesi produttori) a massicci disinvestimenti per coprire i buchi nei bilanci pubblici causati dai minori introiti petroliferi. Il risultato? Forti turbolenze nelle Borse.
Infine, il rischio più grave: quello di disordini sociali in caso di collasso dei costosi sistemi di welfare di alcuni Stati la cui economia si regge sul petrolio. In un momento già assai delicato, altra benzina per alimentare gli estremismi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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