
Camicia azzurra a quadretti, un taglio di capelli alla moda e due orecchini: così si presenta Alessandro Impagnatiello all'udienza del processo di secondo grado sul femminicidio della sua compagna, Giulia Tramontano, uccisa nel maggio 2023 al settimo mese di gravidanza. Sono trascorsi oltre due anni da quando è entrato in carcere per la prima volta e siede vicino all'avvocata Giulia Geradini, che lo ha difeso anche in primo grado. Impagnatiello, che appare molto dimagrito, assiste attento alle discussioni che vanno avanti per tutta la mattina. Prima la pubblica accusa, con la sostituta pg Maria Pia Gualtieri, che chiede la conferma in toto della sentenza di primo grado, e cioè l'ergastolo. Infine il legale di parte civile, Giovanni Cacciapuoti, che assiste la famiglia della fidanzata che ha ucciso, con i genitori che anche questa volta siedono con dignità in aula a pochi metri da lui. E poi la stessa Geradini, decisa a ottenere per lui una riduzione della condanna: dal carcere a vita a 30 anni di carcere. Un risultato ottenibile per il suo assistito solo con l'esclusione da parte dellla corte di entrambe le aggravanti. Risultato che non otterrà.
La corte d'Assise d'Appello di Milano, con la prima sezione presieduta da Ivana Caputo, a latere Franca Anelli, pronuncia il verdetto dopo nemmeno un'ora e mezzo dalla chiusura del dibattimento. Ergastolo confermato. Ma tra lo stupore generale, stabilisce l'esclusione dell'aggravante della premeditazione, un punto su cui le parti hanno dibattuto a lungo in primo grado. Secondo l’inchiesta della pm Alessia Menegazzo e l’aggiunta Maria Letizia Mannella con la squadra omicidi del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, per mesi il barman somministrò alla compagna del veleno per topi. Ha sempre sostenuto che così facendo voleva procurarle un aborto, ma non ucciderla. In primo grado non è stato creduto. Per conoscere le valutazioni dei giudici d'appello bisognerà attendere metà settembre, quando verranno depositate le motivazioni. I giudici hanno ritenuto sussistente quella della crudeltà (Giulia fu uccisa con 37 coltellate, fu colpita alle spalle e non riuscì a difendersi), e non gli hanno concesso le attenuanti generiche. La corte fisserà un'udienza ad hoc per l'eventuale accesso alla giustizia riparativa. In aula erano presenti moltissimi giornalisti, con taccuini e telecamere, e studenti delle scuole superiori e universitari.
Chiara Tramontano, sorella della vittima, rispetto all'esclusione della premeditazione ha scritto un post sui social in cui ha espresso rabbia per la sentenza. "La chiamano legge, ma si legge disgusto. L'ha avvelenata per sei mesi. Ha cercato su Internet: 'Quanto veleno serve per uccidere una donna'. Poi l'ha uccisa". Ancora: "Per lo Stato, supremo legislatore, non è premeditazione. Vergogna a una legge che chiude glI occhi davanti alla verità e uccide due volte. E smettetela di portare gli assassini ai banchi. Sono assassini. Vanno in cella. Nessuno li vuole liberi, inquinano".
La pg chiede la conferma dell'ergastolo
La sostituta pg Maria Pia Gualtieri aveva chiesto la conferma dell'ergastolo. Secondo la pubblica accusa, l’uomo ha ucciso "con premeditazione" Giulia Tramontano e con una crudeltà data non solo dal numero di ferite (37 coltellate, ndr), ma anche "dalla localizzazione dei colpi inferti. Ad esempio i tre colpi al viso sono lesioni non mortali voluti per sfigurare la vittima, un elemento di crudeltà, di odio feroce verso questa povera donna e questo descrive il voler aggiungere sofferenze aggiuntive". Sottolinea Gualtieri che Impagnatiello “ha ingannato due donne, che addirittura arriva a mostrare un falso documento di Dna per dimostrare che il figlio non è suo, che mente agli inquirenti dicendo che non ha il box. È enorme la quantità di bugie riferite". Sempre per l’accusa, “anche a volervi cercare con forza gli elementi positivi, non ci sono: ha mentito sempre, ha simulato l'esistenza di Giulia mandando messaggi, ha ucciso con premeditazione Giulia e il suo piccolo, non merita le circostanze attenuanti generiche". L'avvocato Giovanni Cacciapuoti, parte civile, spiega nell'arringa con cui chiede la conferma dell'ergastolo che i "motivi economici sono stati determinanti nella premeditazione dell'omicidio". Impagnatiello, secondo il legale, era "abituato ad una vita dispendiosa aperitivi e cene di lusso". Per Cacciapuoti il suo stipendio non sarebbe stato sufficiente per mantenere due figli (ne ha un altro da una precedente relazione). “Nella scelta tra fare vivere Thiago (come si sarebbe dovuto chiamare il bimbo di Giulia, ndr) e non rinunciare alla bella vita ha optato per la seconda”.
La difesa: "Da parte di Impagnatiello condotta maldestra nell'occultamento"
La difesa, con l'avvocata Geradini, nell'arringa ha sostenuto che fosse "corretta" l'ipotesi iniziale della gip Angela Minerva, che escluse per l'appunto l'aggravante della premeditazione non ritenendola provata. Sostiene che un "intervallo di due ore", tra quando Giulia è tornata a casa e quando è avvenuta l'aggressione, non sia "sufficiente per provare che l'omicidio fu organizzato prima". Oltretutto, secondo la difesa, se avesse premeditato l'omicidio avrebbe organizzato meglio l'occultamento del corpo (fu bruciato nella vasca da bagno, poi nascosto in un box e nel bagagliaio della macchina e poi gettato in una intercapedine piena di sterpaglie a poca distanza dalla casa di Senago in cui vivevano, ndr)". Invece la sua "condotta fu maldestra", secondo la difesa. Peraltro Impagnatiello "lasciò i guanti che usò per pulire l'appartamento e il topicida" somministrato alla vittima nei mesi precedenti al 27 maggio 2023, nel suo zaino, poi ritrovato dagli investigatori che indagavano sul caso.
La perizia: "Ferita narcisistica per l'abbandono"
Dalla perizia psichiatrica sull'imputato, secondo la difesa, è risultato che fosse "paranoico, ossessivo compulsivo e narcisista" e anche che sia affetto da "alessitimia", cioè un disturbo psicologico che consiste in un deficit della propria consapevolezza emotiva. La legale, che ha citato sempre la relazione degli esperti che hanno redatto una perizia psichiatrica sull’imputato, l’allora 30enne, che era capace di intendere e di volere, uccise anche per via della sua personalità che rivela “una intolleranza alla perdita affettiva, intesa qui come ferita narcisistica per l'abbandono vissuto come una offesa ed al contempo come una umiliazione”. L'avvocata ha chiesto anche la concessione delle attenuanti generiche in quanto "incensurato, ha avuto una condotta collaborativa con gli inquirenti (ha fatto ritrovare il corpo), nella prima occasione pubblica si è scusato con la famiglia e si è sottoposto a esame con gli inquirenti". E ha chiesto di potere accedere alla giustizia riparativa. "Impagnatiello vuole risarcire le parti civili quanto prima e lo farà non appena gli sarà concesso di lavorare in carcere". Se la famiglia dovesse non esprimere la volontà a questo percorso, la difesa insiste per la giustizia riparativa atipica, sempre prevista dalla riforma Cartabia.
Il delitto e il topicida
Era il 27 maggio 2023 quando Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, fu uccisa da Impagnatiello nella sua casa di Senago, nel milanese, con 37 coltellate. Il compagno - secondo l’inchiesta della pm Alessia Menegazzo e l’aggiunta Maria Letizia Mannella con la squadra omicidi del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano - cercò di ucciderla già in precedenza, non appena scoperto che aspettava un bambino e che voleva tenerlo, somministrandole del veleno per topi. Da parte sua, si è sempre difeso sostenendo di avere usato il topicida per fare abortire la compagna, ma in primo grado non è stato creduto. Il femminicidio è avvenuto intorno alle 19,30 di quel sabato: dopo che Giulia aveva incontrato una donna con cui il convivente aveva una relazione ed era tornata nella casa in cui vivevano per mettere fine alla relazione con lui.
La corte d'Assise, in primo grado, presidente Antonella Bertoja, aveva riconosciuto sia l'aggravante della premeditazione che quella della crudeltà: così si è arrivati alla condanna all'ergastolo. Impagnatiello è stato riconosciuto colpevole anche del procurato aborto di suo figlio, nonché dell'occultamento del corpo di Giulia.