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A Wall Street scoppia la bolla Facebook E così Zuckerberg finisce sulla graticola

A Wall Street è esplosa la nuova bolla Internet. E il fallimento della più grande Ipo della storia per un sito Internet, il social network Facebook, oltre a costare 600 milioni di dollari al suo fondatore Mark Zuckerberg (nella foto), ne ha appannato anche l'immagine. Tra le cause principali del flop di Facebook, infatti, c'è chi punta il dito proprio contro il giovane manager, accusato di essere troppo «casual» per l'ingessato mondo di Wall Street. Da qui, la reazione del mercato che starebbe punendo il titolo anche per la eccessiva stravaganza del papà del social network. Sbarcato in Borsa il 17 maggio con un prezzo di 38 dollari, il titolo venerdì scorso ha chiuso a 19 dollari: valore dimezzato in tre mesi, anche per colpa di una clausola che dava il via libera alle vendite post-collocamento dopo un periodo che tutti gli analisti hanno giudicato troppo breve.
Di certo non ha fatto meglio Groupon che, forte del successo riscosso online dalle vendite di coupon scontati, debutta in Borsa a novembre 2011, a 20 dollari, e oggi ne vale 4,5 (-75%). Deve ritenersi fortunata Google, che un anno fa aveva offerto invano 6 miliardi per una società che ora ne varrebbe poco più di 3. Poco meglio ha fatto Zynga, società di giochi online legata a doppio filo proprio a Facebook, che dall'esordio a 10 dollari, ha perso il 70% del proprio valore. Si salva solo Linkedin, il sito un po' social network e un po' motore di ricerca di lavoro: esordio col botto al Nyse, raddoppiando il proprio valore sin dal primo giorno, e con una crescita che dopo 15 mesi dalla quotazione rimane ben sopra il 100%.
Facebook a parte, le colpe dei fallimenti sono tante: Groupon chiama in causa la crisi che ha contratto gli acquisti, e Zynga la voglia di staccarsi da Facebook prima di essersi costruita un'autonomia definita.
Intanto tra gli operatori più cinici, spunta già chi cerca la nuova Pets.com, la società di vendite online di prodotti per cuccioli. Trainata da una campagna pubblicitaria enorme, entra nel Nasdaq a inizio 2000, per dichiarare fallimento meno di 300 giorni dopo. Un anno e mezzo dopo, complice anche l'attentato alle Torri, i valori di Borsa erano crollati, il Nasdaq viaggiava sotto i 1.

500 punti e la new economy, fino a poco tempo prima vista come la nuova frontiera dell'investimento, era diventata fumo negli occhi per i piccoli risparmiatori, che non avevano notato, per tempo, le avvisaglie della tempesta in arrivo, preannunciata però da dati di bilancio poco lusinghieri.

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