Economia

Wirecard si arrende. "Mancano 1,9 miliardi"

Dubbi sui depositi nelle Filippine, Berlino trova la sua Parmalat. L'Authority: "È una vergogna"

Wirecard si arrende. "Mancano 1,9 miliardi"

Un buco nero da quasi due miliardi imbarazza il mercato tedesco. Wirecard, stella fintech attiva nei pagamenti elettronici, messa alle strette dalla mancata certificazione del bilancio da parte di E&Y e dalle molteplici inchieste, ieri si è arresa ammettendo che 1,9 miliardi di liquidità a bilancio «molto probabilmente» non esistono. Il gruppo fintech, quotato dal 2005 e presente nel Dax30, l'Olimpo delle blue chip tedesche dal 2018, in tre sedute di Borsa ha perso quasi il 90% della propria capitalizzazione, chiudendo ieri a 14,4 euro dai 104,5 euro di mercoledì scorso. Per Felix Hufeld, a capo della Bafin, l'Autorità di vigilanza finanziaria del mercato tedesco che fino a poco tempo fa aveva difeso il gruppo, ha parlato di «disastro totale», di «vergogna per quanto accaduto», «di fallimento» nei controlli «nonostante le numerose indicazioni volte a scoprire i fatti». Per Hufeld, «ci troviamo nella situazione più spaventosa in cui abbia mai visto una società del Dax» e «non siamo stati abbastanza efficaci da impedire che succedesse una cosa del genere».

Conti gonfiati, paradisi fiscali, controlli inefficaci e l'effetto deja vu: anche la Germania ha un suo «caso Parmalat». E come per il gruppo alimentare che a inizio millennio aveva dichiarato di avere fondi, rivelatesi poi inesistenti, ai Caraibi, lo scandalo Wirecard rischia di creare un effetto domino nella finanza tedesca: le autorità di sorveglianza sono sotto accusa per non aver effettuato i controlli necessari e un eventuale default del gruppo avrebbe effetti sia sui suoi azionisti e obbligazionisti sia sulle banche creditrici.

Si cerca di far luce sull'ammanco con l'indagine arrivata fino alle Filippine dove due istituti locali, chiamati in causa, hanno negato di aver avuto in deposito liquidità di Wirecard. Nel frattempo, sono stati ritirati i conti del 2019, la trimestrale del 2020, le indicazioni di piano industriale. Per Moody's i titoli di debito del gruppo sono da considerarsi a «junk», spazzatura a causa di «irregolarità contabili e delle relative implicazioni sulla liquidità e sul profilo finanziario della società a seguito della mancata pubblicazione dei conti consolidati per il 2019». Analisti come Robert Lamb di Citi evidenziano come la società, anche se sopravvivesse alla tempesta, dovrebbe essere rinominata e gestita da un diverso team dopo le dimissioni di Markus Braun dal timone di Wirecard e l'allontanamento del direttore operativo Jan Marsalek.

C'è anche chi, come Neil Campling di Mirabaud, teme la revoca delle licenze da parte di Mastercard e Visa, di cui Wirecard processa i pagamenti; una situazione che per la società fintech rappresenterebbe il capolinea.

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