Per le edicole un 2005 nero Hanno chiuso in tre al mese

Il Comune ha messo a punto una mappa per regolare le aperture. Predolin: «Nuove rivendite solo in 9 aree»

Giovanni Buzzatti

Vorrebbero chioschi più spaziosi e moderni, solo così, dicono, si conquistano nuovi clienti. Ma nel frattempo devono fare i conti con la crisi: nel 2005, in città sono state chiuse 12 edicole esclusive (chioschi o negozi) e 25 rivendite di giornali in supermercati o librerie. In media tre al mese. I tecnici del Comune parlano di «riequilibrio inevitabile», i giornalai sono molto più preoccupati: «I ricavi sono calati dal 2 all’8 per cento, non ci sono spazi per esporre le 2500 pubblicazioni con annessi regali e mancano incentivi per cambiare i vecchi chioschi», si lamenta la categoria. «I problemi sono molti: sui marciapiedi c’è poco spazio e vengono distribuiti decine di migliaia di giornali gratuiti al giorno» ribatte l’assessore comunale al Commercio, Roberto Predolin. Per evitare che nuove edicole aprano «dove non faranno ricavi», l’assessorato ha creato una speciale mappa. Milano è stata divisa in 87 isole (gruppi di strade e vie) e per ognuna sono stati classificati rivendite esistenti, incassi, potenziali clienti. «In base alla mappa rilasceremo le nuove autorizzazioni - aggiunge Predolin -. Si apriranno nuove edicole soltanto dove possono “sopravvivere”».
Le aree «disponibili» sono 9. Si tratta delle zone attorno a Loreto, viale Monza, via Padova, piazza Abbiategrasso, Gratosoglio, via Washington, viale Certosa, Maciachini e Bruzzano. «Per altre 5 isole la situazione è incerta, la commissione edicole valuterà al momento della richiesta - spiega l’assessore -. Il resto (73 su 87) risultano già al completo».
Alla preparazione dello studio hanno partecipato anche editori e giornalai. Il giudizio sulle chiusure a catena è identico: «Si tratta di un problema serio». Sempre più frequenti sono pure i passaggi di proprietà. «Una volta l’edicolante gestiva la rivendita almeno per 10-15 anni, oggi la media è di tre - spiega Antonino Cippo, segretario della Finagi-Cgil nella sua edicola di Sesto San Giovanni -. Le ragioni? Gli incassi sono calati, soffriamo la concorrenza dei giornali gratuiti che in molti casi vengono distribuiti vicino alle edicole. Qualcuno, poi, pensa che con un’edicola si diventi ricchi - aggiunge -. È un lavoro bello ma duro. Dopo tre anni molti non vedono l’ora di cedere l’attività e quando lo fanno non trasferiscono la loro esperienza a chi subentra. Così peggiora la professionalità».
Ci sono le lamentele verso gli editori: consegnano poche copie dei prodotti che «tirano» e lasciano più del previsto in edicola quelli poco richiesti. Chi stampa i giornali ribatte che spesso, in estate, le edicole che dovrebbero restare aperte sono chiuse perché i proprietari si ammalano. «E questo fa calare le vendite».
Predolin è fiducioso. «Lasciamo alla Moratti tutti gli strumenti per agire - dice -. Cosa potrebbe fare? Mutui agevolati per chi ammoderna il chiosco, sistemare pannelli luminosi per la pubblicità».

Ma gli edicolanti hanno soldi da investire? «L’importante è avere voglia di rilanciare le edicole - conclude Giampiero Labò, presidente dello Snag-Confcommercio -. Se si apre un confronto serio, i soldi si possono trovare anche con gli sponsor».
giovanni.buzzatti@ilgiornale.it

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