Edilizia e commercio: ecco le proposte per limitare le conseguenze della crisi

Nella regione gli echi della crisi internazionale si sono già fatti sentire. E se non si interviene in tempo con una serie di correttivi adeguati, le conseguenze rischiano di essere molto serie, anche nel breve periodo. Lo ha rilevato ieri pomeriggio il neo-presidente dell’Acer Eugenio Batelli, dati della cassa edile di Roma e provincia alla mano: il 18 per cento delle imprese ha dovuto sospendere la propria attività nel periodo estivo di quest’anno. E, sempre nel 2008, il 26 per cento degli addetti iscritti (circa 17mila su un totale di 65mila) ha cessato il proprio rapporto di lavoro. La conferma del momento no è arrivata pure da Cesare Pambianchi, presidente di Confcommercio Roma e Lazio. Che, pur riconoscendo una recentissima ripresa dei consumi legata alle festività natalizie, ha preconizzato un nuovo probabile calo in coincidenza con il nuovo anno.
Di più, secondo Batelli, il 2009 sarà il momento in cui la congiuntura economica infelice dispiegherà in maniera massiccia i suoi effetti: si stima che la produzione del settore edilizio nell’area capitolina possa dimezzarsi, passando da 24 a 12 miliardi di euro (quando il decremento del 2008 rispetto al 2007 era stato “appena” del 20 per cento, da 30 a 24 miliardi di euro). Ciò potrebbe creare, come primo esito doloroso, un 50 per cento in meno di addetti nel comparto, che passerebbero da 120mila a 60mila. Da qui un’ulteriore esternalità negativa sulle possibilità di spesa delle famiglie, con ricadute evidenti sulla piccola e grande distribuzione. «Sono numeri pesantissimi, che si ripercuotono su tutta l’economia, vista l’ulteriore frenata della produzione che ne deriverebbe», ha rimarcato Pambianchi. Uno scenario a tinte fosche quello delineato dal numero uno della Confcommercio locale, figlio di una considerazione semplice quanto innegabile: «La capitale si sviluppa grazie agli stipendi che entrano nelle tasche dei romani».
Anziché stracciarsi le vesti, comunque, le due organizzazioni hanno elaborato una serie di strategie per invertire la tendenza o, quantomeno, per creare dei cuscinetti in grado di attutire l’impatto della crisi. La precondizione, secondo entrambi, è l’aiuto del Governo e del Comune. In primo luogo, infatti, l’associazione dei costruttori edili chiede che a Roma venga destinato il 10 per cento del Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate: «Questa città - ha ricordato Batelli - produce il 10 per cento del Pil nazionale, dunque mi sembra giusto che riceva risorse in eguale misura».
Risorse, queste pubbliche, pari a 1,16 miliardi di euro, da spendere subito in infrastrutture piccole e medie e in lavori di manutenzione, cioè in opere in grado di essere avviate nell’immediato, senza i tempi di attesa biblici della pubblica amministrazione. Sarebbero all’incirca 30mila i possibili nuovi addetti legati alla riuscita di questa manovra, mentre altri 30mila posti di lavoro verrebbero creati dal contributo dei privati.
Nel dettaglio, con un piano di tre anni per l’housing sociale, sul piatto potrebbero essere messi altri 3,6 miliardi di euro, ovvero 1,2 miliardi solo per i prossimi dodici mesi. Mentre un’altra quota verrebbe dalla costruzione di nodi di scambio (su tutti quelli di Ponte Mammolo e Marconi) e di 16mila nuovi parcheggi, per una cifra pari a 300 milioni di euro di risorse attivabili. Da rivedere infine, secondo Batelli, il rapporto con le banche, sempre pronte a frapporre mille paletti quando si tratta di concedere credito alle imprese.
La ricetta di Cesare Pambianchi, invece, passa in prima battuta dalla predisposizione del piano commerciale, che manca nel 90 per cento dei comuni del Lazio, Roma compresa.

Prosegue con la richiesta di una riforma nazionale prima e regionale poi delle locazioni, per restituire agli esercenti tutele legate al valore di avviamento della loro attività e alla prelazione in caso di vendita. Coincide infine con l’auspicio di uno studio coordinato delle soluzioni per riconvertire le aree destinate al commercio in zone residenziali.

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