Allalba del secolo scorso, Milano contava 500mila abitanti, spartiti fra i quartieri entro i Bastioni e i vecchi Corpi Santi. Già raddoppiati rispetto alla Milano post-unitaria e il ritmo dellincremento non accennava a diminuire. Tanto più che lindustrializzazione avanzava e con essa il problema delle abitazioni popolari. Così il Comune, sullesempio di altre città italiane, avviò uninchiesta sulle «deplorevoli condizioni degli agglomerati operai». Da lì alla nascita dellIstituto per le Case economiche e Popolari di Milano (conosciuto come Iacp, Istituto Autonomo Case Popolari) dal 96 Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale (Aler). Era il 1908 e oggi Aler celebra il centenario con una mostra iconografica «100 anni di edilizia residenziale pubblica a Milano», in Triennale fino all11 gennaio. Un secolo di immagini per seguire la lunga storia delledilizia pubblica, tendenze, idee, maestri che ne scrissero le pagine più significative. Ma anche parabola demografica della città e crescente articolazione del suo tessuto sociale.
Tra i primi progetti Iacp nel 1910 ci furono i quartieri Lulli, Tibaldi e Mac Mahon, lampliamento dello Spaventa, le costruzioni in Ripamonti, Solari, Niguarda. Tipica del decennio successivo la diversificazione tipologica. Grande successo ebbe il «villaggio giardino» (case isolate a due piani) e i villaggi Tiepolo, Milanino, La Postelegrafonica e Borgo Pirelli (disegnato da Loria e Allodi tra il 20 e il 23) reale testimonianza di unepoca.
Tra il 1926 e il 1929, in una Milano che superava i 700mila abitanti e cresceva sempre più, lo sforzo di Iacp ha del leggendario: i vani passano da 13mila per 6mila nuclei familiari a oltre 30mila per oltre il doppio di famiglie. Erano nati i quartieri Vittoria e la Stadera e la città si era allargata. E se gli anni Trenta vedono il trionfo del razionalismo, la cui summa è rappresentata dai quartieri Bossi (oggi Molise) e Fabio Filzi, è nel secondo dopoguerra che lattività dell'Istituto raggiunge la massima intensità. I bombardamenti del 1943 avevano lasciato profonde ferite: al termine della guerra 225.000 locali (tra cui 70mila alloggi) erano inagibili: due terzi del patrimonio residenziale pubblico, in una città che contava ormai 1.200.000 residenti, 200mila però in alloggi di fortuna più 50mila famiglie in coabitazione. Il «piano di ricostruzione» rinnova la città molto in fretta: sull'onda del boom nascono interi quartieri. In città sono attivi nomi che hanno fatto la storia dellarchitettura milanese e italiana: i razionalisti Bottoni e Lingeri, i neorealisti Albini e Gardella. Non a caso, fin dallOttocento, si parla di «eclettismo milanese», la capacità cioè di coniugare gli aspetti originali delle diverse scuole poco concedendo a vizi di maniera.
A sintetizzare le due tendenze è, tra il '54 e il '63, il vasto quartiere Comasina. È a quellepoca e ai successivi anni 70 che risalgono molte delle costruzioni che connotano ancor oggi la «facies» delledilizia popolare milanese: tra il 71 e il 74 sono ultimati Gratosoglio e Quarto Oggiaro. Nel '73 Milano raggiunse il milione e 730 mila abitanti: il record di sempre (scenderanno a 1.256.000 nel 2001) con il suo strascico di tensioni sociali e aumento vertiginoso del traffico in città e nellhinterland.
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