
L'intelligenza artificiale non è solo un’innovazione, è la scossa di assestamento di una vera e propria rivoluzione industriale. Un’onda d'urto paragonabile, per portata e pervasività, a quella del vapore nel Settecento. Se all'epoca le macchine moltiplicarono la forza fisica dell'uomo, oggi l'IA potenzia le sue capacità cognitive, ridefinendo in modo radicale i processi produttivi, le dinamiche aziendali e l'intera struttura sociale. In questo turbine di algoritmi e machine learning, c'è un rischio concreto di distogliere lo sguardo dal vero fulcro: l'intelligenza umana. Ci affanniamo a rendere le macchine sempre più intelligenti, ma rischiamo di dimenticare di allenare l'unica intelligenza che può guidare questa rivoluzione con saggezza: la nostra. Il direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti, ne ha discusso con padre Paolo Benanti, filosofo ed esperto di Ai, durante l'evento "La nuova Rivoluzione Industriale".
"Questa cosa ci apre a una questione pià interessante, perché nel 1922 c'è stato un dibattito tra Einstein e Bergson in cui il primo cercava di dire inc un tutto ciò che contava sul tempo era la sua misurabilità e il secondo contestava dicendo che per l'uomo il tempo è la durata", ha detto Padre Benanti. "L'intelligenza artificiale non è umana ma se c'è una slavina e portiamo i cani da valanga, noi scaviamo dove ci dicono e salviamo molte vite", ha proseguito il padre. "Se portassimo l'ai a una pluralità di intelligenze non faremo gli errori: dobbiamo capire bene che cos'è per usarla bene", ha detto ancora.
"Dio esiste perché esiste il diavolo, senza non ce ne sarebbe bisogno. La storia del mondo è contrapposizione tra bene e male: esisterà un'intelligenza buona e una cattiva?", ha chiesto il direttore Sallusti. "60mila anni fa quando l'antenato prese una clava poteva essere un arma per aprire un cranio o un utensile: è lo stesso per l'intelligenza artificiale. Può essere un'utensile utile o un'arma potentissima, perchè ouò cambiare il modo in cui facciamo la guerra", ha proseguito padre Benanti. "Un oggetto che può cambiate improvvisamente la sua natura come lo normiamo?", è la riflessione dell'esperto di Ai.
"Alcune professioni si sono ristrette e altre sono sparite, perché la tecnologia ha sostituito l’uomo: a naso l’ai sostituirà tante professioni, in alcuni casi non è un dramma e ancora di più spariranno i commercialisti perché il tuo telefono sa tutto, anche il nero. Questo è molto comodo ma ha alcune controindicazioni: la prima è che diminuiranno i posti di lavoro e il lavoro. Quindi si pone il problema di cosa fare con chi non ha il lavoro. Quindi ecco che nasce l’idea del reddito universale. Casaleggio non pensava a quello che hanno fatto Di Maio e Conte: lui lo aveva collocato nel 2045 quando molta gente non avrebbe avuto possibilità di lavorare. Ma se io percepisco un reddito, io perdo ogni mio diritto perché dipendo da qualcuno, come le nostre nonne che dipendevano dai nostri nonni con un “reddito di familiarità”, non pagando le tasse non avrei diritto di voto: rischiamo di perdere la libertà e diventare alieni?", ha ragionato il direttore Sallusti. La risposta di padre Benanti è profonda: "Il digitale è una forma di controllo e potere, dobbiamo capire come addomesticarlo alla struttura che vogliamo. La prima buona notizia si chiama paradosso di moravek: una machina non può fare le cose nello stesso modo. Una funzione cognitiva bassa come aprire una maniglia, costa migliaia di euro: c’è un problema di capire l’umano, noi siamo incarnati. Un bambino di 4 anni se non stiamo attenti scappa di casa. L’intelligenza artificiale andrà a sostituire i lavori meglio pagati ma se i ruoli organizzativi li fa l’intelligenza artificiale non c’è crescita".
Il futuro è adattivo e padre Benanti ha sottolineato che "la buona notizia per il mondo del lavoro è che è diminuita la natalità: con meno nati ci sono meno lavoratori. Noi pensiamo alla macchina come se facesse tutto ma la piattaforma abilitante è l’essere umano: se vogliamo che l’ai aiuti il Paese a cresce dobbiamo aiutare le persone a essere le persone che possono far funzionare, serve un cambio culturale. Possiamo uscire da un senso di inferiorità: siamo ben messi in alto. C’è un monopolio in USA e Cina ma la tecnologia da sola non è cos potente. L’ultima legge per l’ai ha unìimpostazione interessante perché è umanocentrica. Il giornalista di domani è quello che con l’èausilio della macchina fa meglio il suo lavoro di ricerca. Il radiologo di domani non sarà una macchina ma quello che usa meglio la macchina".
Il direttore ha posto l'accento sul problema etico e il Padre ha sottolineato che "I problemi etici hanno una riflessione lunga 150 anni. Questa riflessione oggi conosce un nuovo anello, perché non è più la macchina meccanica ma quella digitale: l’umano è uno scarto di produzione o il cuore del processo di introduzione? Noi possiamo avere grandi aziende che nei loro magazzini considerano l’umano come quella cosa che serve dove non arriva la macchina". Sallusti ha quindi portato come esempio una conversazione fatta con uno dei dirigenti delle big tech, durante il quale è emerso che "il bilancio di Amazon il 28% sono proventi da e-commerce il restante non arriva da lì ma dal fatto che ti ho comprato e ti vendo: so tutto di te ed elaborando i dati con l’ai so quando ti alzi, quando sei di buon umore. Ti vendo a un partito, a una catena commerciale: il mio valore sei tu. Questo è un problema etico".
Anche la Chiesa si confronta con questo tema, come ha sottolineato anche Papa Leone XIV al suo insediamento, ha spiegato Padre , dichiarando "che l’ai è uno dei temi chiave è quello che la Chiesa ha da offrire è La Sapienza a tutela della dignità umana.
Conti perché non sei solo dati: la riduzione dell’umano a quello che di lui posso monetizzare. Questa concertazione sociale è ancora tutta da scrivere. Abbiamo bisogno dei giornalisti, perché c’è bisogno di chi svolge il ruolo di civil-servant".