Editoria, Prodi manda la Finanza nei giornali

Il sottosegretario Levi: le agenzie di stampa sono troppe, alcune devono fondersi

Guido Mattioni

da Milano

Fiamme Gialle in redazione. Nessun falò, nessun pericolo d’incendio, tuttavia. Si parla proprio della Guardia di Finanza, che intervenendo a campione andrà a spulciare i bilanci di quei giornali, specie di partito, che ricevono aiuti diretti da parte dello Stato. In merito è già stato firmato un protocollo d’intesa. Ad annunciarlo ieri, nel corso di un’audizione davanti alla commissione Affari Costituzionali, è stato Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio per il Dipartimento editoria e informazione. Il protocollo d’intesa, ha aggiunto, reca la sua firma e quella del viceministro dell’Economia Vincenzo Visco, che ha appunto la delega per le attività delle Fiamme Gialle.
«Sarà creata una missione permanente della Guardia di Finanza presso il Dipartimento per l’editoria», ha spiegato Levi precisando che la missione sarà «composta da un ufficiale e da quattro o cinque ispettori con il compito di impostare controlli a campione finalizzati alla verifica dei bilanci delle aziende che beneficiano di contributi diretti». Levi ha parlato di una iniziativa varata in «pieno accordo con le categorie interessate», aggiungendo che è intenzione del Dipartimento intervenire su tutte quelle che oggi appaiono come criticità, con l’obiettivo di creare risparmio e migliorare il sistema.
Nel corso della stessa audizione Levi si è anche affrettato a smentire alcune voci circolate insistentemente nei giorni scorsi circa una presunta intenzione dell’esecutivo di voler sfoltire il numero delle agenzie di stampa. Voci riprese dal parlamentare di Forza Italia Osvaldo Napoli in una interrogazione in cui chiede al presidente del Consiglio se non ritenga «di dover smentire l’esistenza di un tale piano» in quanto sarebbe «gravemente lesiva della libertà d’informazione e di stampa».
«Non c’è alcun piano regolatore dell’editoria da imporre - ha replicato Levi - non posso però non guardare a un settore che presenta una grande pluralità di imprese senza eguali negli altri Paesi. E non posso, dunque, non riflettere e non invitare a riflettere sul fatto che un consolidamento potrebbe offrire al settore un’opportunità di crescita. Opportunità - ha aggiunto ancora - che potrebbe presto o tardi rivelarsi una vera e propria necessità di fronte alle sfide delle nuove tecnologie».
Un tema quanto mai attuale, quello degli aiuti pubblici all’editoria, specie quella di emanazione politico-partitica. Ne ha parlato lunedì sera Clemente Mastella nel corso della trasmissione L’Antipatico su Rete4. Incalzato da Maurizio Belpietro, che gli chiedeva se non ritenesse opportuno chiudere il quotidiano dell’Udeur, il Campanile («un milione e 153mila euro di finanziamento pubblico per un giornale che stampa 3mila copie e ne vende mille»), il ministro e leader politico ha dichiarato di non avere «nessun problema» a farlo, «tanto è vero che siamo stati i primi a dire che questa modalità con la quale le forze politiche prendevano e prendono soldi dallo Stato può essere eliminata». Aggiungendo però, come condizione, che scompaia anche il finanziamento «ad altri Campanili, a quelli che registrano altre testate». Perché, ha chiosato, «un conto è essere buoni, un conto è essere fessi». Sempre lunedì sera, a Porta a Porta, sullo stesso tema è intervenuto Pier Ferdinando Casini.

Che ha lanciato una proposta: «Mi piacerebbe riuscire a dirottare almeno parte delle risorse che vengono date a presunti giornali di partito o a presunte cooperative che non si sa bene che cosa producano - ha detto l’ex presidente della Camera - per distribuirle invece alle famiglie con disabili o persone non autosufficienti a carico».

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