Roma - Elezioni di nuovo in discussione: la Dc di Giuseppe Pizza non molla la presa e oggi in una conferenza stampa alla Camera spiega, per bocca di Paolo Del Mese, che "c’è un piano per far saltare le consultazioni" e, addirittura, "far prima celebrare i referendum per la riforma della legge elettorale".
La materia è molto tecnica e la denuncia pubblica, secondo gli avvocati della Dc, poggia su una serie di "dati oggettivi". Il primo è che "noi - dice Gino Capotosti, parlamentare ex Udeur passato con lo Scudo Crociato e avvocato patrocinante - non abbiamo ricevuto alcun avviso dell’udienza in Cassazione fissata per l’otto di aprile". Il secondo punto è che "si è aperto un conflitto normativo senza precedenti" per quanto riguarda l’attribuzione di giurisdizione sulla materia. Secondo la Dc, infatti, la Giunta parlamentare per le elezioni si è dichiarata non competente per quanto riguarda gli atti preparatori delle consultazioni e quindi "necessariamente" è competente il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, che ha emesso il provvedimento con cui lo scudo crociato viene ammesso alle consultazioni.
La Cassazione, dunque, altro non potrà fare, l’8, che «riconoscere che il consiglio di Stato ha giurisdizione in materia» e che quindi resta valido l’atto con cui ha ammesso la Dc alle elezioni del 13 e 14 aprile, oppure "stabilire - spiega l’avvocato Lentini, che patrocina la Dc - chi è competente". Ma anche se il consiglio fosse ritenuto privo di giurisdizione, affermano gli avvocati, "l’atto resterebbe comunque valido" e la Dc dovrebbe essere ammessa alle elezioni. Questo, però, comporterebbe la ristampa dei manifesti elettorali, un nuovo sorteggio della posizione delle liste nella scheda e la campagna elettorale e, dice Del mese, "con una udienza in Cassazione fissata per l’otto di aprile non ci sarebbe più tempo per farlo", anche perché i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere previsti dalla Costituzione per celebrare le elezioni "scadono il 16 aprile".
Far slittare le elezioni anche di poco, è il ragionamento dei democristiani, significherebbe quindi che il Presidente della Repubblica dovrebbe firmare un atto che va contro la Costituzione di cui è il garante. Questo il complicato meccanismo tecnico che sottende a una domanda politica di per sé molto semplice: "A chi giova - è la domanda retorica degli esponenti democristiani - questo tennis? Perché il ministro Amato non ha dato subito esecutività all’ordinanza del consiglio di Stato, scrivendo, come da noi suggerito, un decreto legge ad hopc per ammetterci alle elezioni con tempi più rapidi? perché Amato non ha nemmeno risposto - denuncia del Mese - alle nostre comunicazioni?". Capotosti va oltre: "Se le elezioni venissero celebrate in queste condizioni - spiega - chiunque, il giorno dopo, potrebbe alzarsi e affermare che gli atti preparatori non erano validi e quindi chiedere l’invalidazione del risultato elettorale". Una spada di Damocle non da poco: se tutto questo fosse vero, infatti, il perdente avrebbe tutto l’interesse a chiedere di rifare tutto. Per questo "Amato corre il rischio - dice ancora Capotosti - che qualcuno, l’8, si alzi in piedi e chieda, all’udienza in Cassazione, di inciriminare il ministro per attentato alla Cassazione, inadempienza e abuso d’ufficio".
A buttare acqua sul fuoco, però, ci pensa il segretario della Dc, che alle scorse elezioni amministrative, ha raggiunto un risultato del 3,1% su scala
nazionale: "Noi ieri abbiamo dato la disponibilità ad accettare tempi ridotti per correre alle elezioni e la manteniamo ancora oggi, ma invitiamo il ministero dell’Interno a trovare alla svelta una soluzione a questo pasticcio".