Elezioni, si ricontano le schede in sette regioni

Passa la proposta del centrodestra ma Bossi frena gli entusiasmi: «Questo lavoro non approderà a nulla». Da rivedere 700mila voti

Adalberto Signore

da Roma

«Non abbiamo sfondato le linee nemiche, ma almeno siamo riusciti a spostare in avanti il fronte». Usa la metafora militare Giorgio Stracquadanio, senatore di Forza Italia e membro della giunta per le Elezioni di Palazzo Madama. Che ieri, un po’ a sorpresa, ha dato il via libera al riconteggio delle schede elettorali del Senato. Almeno per quel che riguarda tutte le bianche, le nulle e le contestate di sette regioni: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia e Toscana. Una decisione quasi unanime, eccezion fatta per il voto contrario di Roberto Manzione (Ulivo) e l’astensione di Natale Ripamonti (Verdi). E che raccoglie il plauso di maggioranza e opposizione. A esultare, però, è soprattutto il centrodestra che parla di «vittoria politica». Un «successo», spiega Stracquadanio, che è «uno degli effetti della grande mobilitazione popolare di sabato scorso nella quale Berlusconi ha chiesto con forza questo riconteggio». «Un passo avanti verso la verità, di fondamentale importanza per la democrazia del nostro Paese. E una grande vittoria di Forza Italia e di Berlusconi», chiosa il presidente dei senatori azzurri Renato Schifani.
Il principio adottato dalla Giunta è stato quello del «so close to call», la verifica cioè delle regioni dove lo scarto è minimo (la legge elettorale del Senato prevede infatti premi di maggioranza regionali). Le prime circoscrizioni ad essere prese in considerazione, dunque, sono state quelle di Campania, Piemonte, Puglia e Lazio (nella prima ha vinto l’Unione, nelle altre la Cdl). Dopo qualche incertezza, però, si è deciso di escludere il Piemonte, sul quale il relatore Manzione ha già proposto di fatto la convalida di quasi tutti i seggi elettorali. Ma si è voluto allargare la verifica per evitare che fossero passate al microscopio solo regioni del Centrosud. Così, sono state inserite Lombardia e Toscana, nelle quali il risultato è così netto da non destare dubbi. E la Calabria (su rischiesta del presidente della Giunta Domenico Nania) e la Sicilia. Poi, la votazione in Giunta che, come racconta il capogruppo al Senato di Rifondazione Giovanni Russo Spena, ha visto la maggioranza far confluire i suoi dodici voti sulla proposta del centrodestra, sostenuta da dieci senatori. «Eravamo di più noi e potevamo respingerla, invece - spiega - l’abbiamo approvata. E questo dimostra come siano infondate le polemiche sui brogli alimentate da Berlusconi». In realtà, sembra che nella decisione della Giunta un ruolo di primo piano l’abbia avuto la moral suasion del presidente del Senato Franco Marini, che pare non aver affatto gradito la ricostruzione del film-inchiesta di Enrico Deaglio e i commenti soddisfatti di autorevoli esponenti del centrosinistra.
Facendo un conto sommario, dunque, le schede da riesaminare saranno quasi 700mila (292mila bianche, 395mila nulle e 250 contestate). La Giunta, poi, ha deciso anche il riconteggio a campione delle valide, concentrandosi sulle sezioni cosiddette «sospette» (quelle dove è sparito il verbale o dove mancavano i rappresentanti di lista di uno degli schieramenti). E sarà soprattutto qui che si giocherà la partita, visto che - spiega Stracquadanio - «questi criteri ci permettono di estendere il campione a una vasta area di seggi». La scontro vero, dunque, avverrà nei sette Comitati per il riconteggio (uno per regione).
Il plauso all’iniziativa, dicevamo, è stato sostanzialmente bipartisan. Soddisfatto Giuseppe Pisanu, che da ministro dell’Interno gestiti l’organizzazione dell’ultima tornata elettorale. «La decisione della Giunta - spiega - è quanto meno opportuna, perché rivedendo le schede, seppure con un campionamento, si avrà modo di fugare qualsiasi dubbio». E anche il suo successore al Viminale Giuliano Amato è convinto che si tratti di un’iniziativa «utile». Per Nania e Altero Matteoli, capogruppo di An al Senato, il via libera al riconteggio rappresenta «una vittoria della democrazia». Mentre il presidente dei senatori dell’Ulivo Anna Finocchiaro mette in evidenza il sì unanime, un fatto che può portare «un elemento di pacificazione».
In entrambi gli schieramenti, però, non mancano gli scettici. «Il lavoro della Giunta non approderà a nulla», spiega il leader della Lega Umberto Bossi.

Mentre il deputato della Rosa nel pugno Giovanni Crema prevede un lavoro che «durerà alcuni anni, se non l’intera legislatura». Manzione, invece, spiega il voto contrario parlando di «decisione esclusivamente politica».

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