Parigi - Si sono scambiati i ruoli, con un finale paradossale: Nicolas Sarkozy trionfante, Ségolène Royal isterica, sull’orlo di una crisi di nervi. Lui calmo, posato, conciliante; lei impaziente, aggressiva, polemica. Lui il liberale che domenica scorsa metteva alla frusta la generazione del Sessantotto ha auspicato un’alleanza tra destra e sinistra per ridurre il debito pubblico. Lei ha strumentalizzato demagogicamente lo stupro di una poliziotta in un quartiere difficile alle porte di Parigi per chiedere un aumento del numero di poliziotti e per promettere una scorta individuale alle funzionarie che rientrano dopo il calar del sole. Chi è il vero conservatore e chi è il vero progressista?
Paradossi e verità nel dibattito elettorale che probabilmente determinerà il nome del prossimo presidente francese. I moderatori hanno iniziato il confronto chiedendo ai due candidati come si sentissero e Sarkozy ha iniziato alla grande affermando di «Sentire il peso delle responsabilità di un ruolo tanto importante per il Paese»; Ségo invece si è limitata a un imbarazzato: «Bene, grazie». Poi è partita all’attacco per innervosire il candidato gollista e per dimostrare la propria credibilità. Come dire: «Non so solo sorridere». Ci è riuscita? In parte sì mostrandosi meno glaciale e prevedibile di quando parla in comizio di fronte a migliaia di persone. Ieri in tête à tête con il suo rivale, è parsa molto più sciolta e convincente; quasi seducente. Ma troppo ansiosa.
Nella prima mezz’ora ha interrotto continuamente Nicolas senza però riuscire a spazientirlo. Lui l’ha messa in riga quasi subito: «Signora Royal, soffre se riesco a finire una frase?». E Ségo si è calmata un po’. Non ha convinto però sui contenuti; ha detto tutto e il contrario di tutto: vuole rimettere in sesto i conti pubblici e al contempo assumere nuovi funzionari; assicura di essere capace di rilanciare la crescita ma senza rinunciare, anzi estendendo, le 35 ore settimanali che hanno zavorrato l’economia francese e hanno fatto esplodere la disoccupazione. Una Ségolène invadente, populista e prolissa, al punto da essere richiamata all’ordine dai moderatori.
Sarkozy è stato senza dubbio più competente: ha dimostrato con molta chiarezza e linearità le ragioni e gli scopi delle sue proposte, in particolare proprio sulle 35 ore, che rimarranno come riferimento, ma non più come obbligo: tutte le ore lavorate in più saranno esentasse e senza carichi sociali. Una manna sia per le aziende che vedranno ridursi il costo del lavoro, sia per le famiglie che avranno più soldi a disposizione. Ha spiegato come sia possibile ridurre progressivamente il numero dei dipendenti pubblici, salvaguardando la qualità dei servizi. Ha rivendicato orgogliosamente il suo bilancio come ministro degli Interni: nei cinque anni del governo Jospin tra il 1997 e il 2002 la violenza era salita del 18 per cento; mentre con lui è scesa del 10 per cento. E soprattutto ha proiettato un’immagine autorevole, sicura, affidabile come deve essere quella del presidente della Francia.
I sondaggi oggi diranno chi ha vinto il duello televisivo e quanto inciderà sul voto di domenica. Ma l’impressione è che Sarkozy abbia vinto. Parla meglio di Ségolène; ha la battuta pronta e in più di un’occasione l’ha fatta vacillare. Ad esempio quando l’ha interrogata sulla politica fiscale. «Signora Royal ci dica quale sarà il livello dell’imposizione fiscale se lei sarà eletta presidente?». Lei si è rifiutata di rispondere, Sarko l’ha incalzata: «Possibile che non sappia indicare una cifra?». E lei si è ritratta stizzita: «È un mio diritto non dirlo». Imbarazzante.
E ancora riferendosi al marito di Ségo, che è anche segretario del Partito socialista: «François Holland afferma il contrario di quel che dice lei questo non la disturba?». E lei ancora sugli scudi: «No, non mi riguarda». E lui perfidamente «Sicura, bene, ne prendiamo atto». Quasi una separazione in diretta tv.
Poi lo scontro imprevisto: Ségolène perde le staffe e accusa Sarkozy di essere immorale. Lui che la invita a calmarsi perché chi aspira alla presidenza non può comportarsi così. Più volte la Royal ha cercato la frase-killer, inutilmente.
Non è andata oltre i consueti slogan tanto affascinanti quanto generici: «La democrazia partecipativa», «La Francia solidale», «La Francia giusta» e poi ha proclamato: «Sono orgogliosa di essere una donna libera e indipendente». Ma Sarko non l’ha seguita su questa strada. Anzi, si è mostrato sempre molto rispettoso a tratti persino cavalleresco. Quasi un affronto per una come Ségolène.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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