Milano - Le strade, all’apparenza, erano due soltanto. La prima, il ricorso in Cassazione per bloccare la sentenza d’Appello. La seconda, rinunciare all’impugnazione e porre fine alla disputa che si gioca ormai da anni sulla pelle di Eluana Englaro, in stato di coma vegetativo dal 1992. Nonostante la suprema Corte si sia già pronunciata stabilendone «il diritto di lasciarsi morire», e una sentenza esecutiva di secondo grado. Così non è. La Procura generale di Milano ha scelto la terza via. Ha deciso di non decidere, almeno per il momento.
Spiega Gianfranco Montera, procuratore generale facente funzione, che «la decisione da prendere si è rivelata di una complessità tale da richiedere tutto il tempo che la legge prevede». Tradotto, un anno. Dodici mesi a partire da lunedì scorso, quando il decreto della Corte d’appello del tribunale civile di Milano - che ha dato il via libera all’interruzione dell’alimentazione artificiale per Eluana - è stato depositato in cancelleria. Oppure, sessanta giorni dal momento in cui Beppino Englaro, il padre della ragazza, avrà notificato il provvedimento alla procura generale. Cosa che finora non ha fatto. E, soprattutto, cosa che non sembra intenzionato a fare.
Ma c’è un’altra ragione avanzata da Montera. C’è un problema di «passione politica». Così la chiama, il pg. «Vogliamo sottrarci al corto respiro delle passioni politiche che attorno a questo caso si stanno muovendo e decidere con calma». Interferenze che spostano ancora nel tempo la presa di posizione del collegio di magistrati, peraltro diviso al proprio interno. «Facciano quel che pare a loro», è il commento dell’avvocato Vittorio Angiolini, legale della famiglia Englaro. «Il Procuratore generale di Milano può fare le valutazioni che crede, se vuole un anno per decidere se impugnare la decisione della Corte d’appello ce l’ha, ma per noi non cambia niente». Di certo, «la sentenza resta esecutiva, e come tale viene valutata dal tutore». Una sorta di replica a distanza a quanto dichiarato da Montera, «fermamente convinto» che il padre di Eluana «non farà gesti irreparabili». In altre parole, Beppino Englaro non interromperà i trattamenti che tengono in vita la figlia. Una convinzione che lascia perplesso Angiolini. «Non c’è nulla da commentare - continua il legale -. Secondo me obiettivamente i motivi di ricorso non ci sono, dopodiché faranno quello che credono. È chiaro che finché non fanno il ricorso o non chiedono la sospensione della sentenza, che sono due cose separate, il tutore e il curatore non solo hanno la facoltà, ma hanno anche l’obbligo e il dovere di valutare l’autorizzazione» dei giudici della Corte d’appello. Quindi, «per noi non cambia nulla, la sentenza resta esecutiva, e come tale la valutiamo». Ma per Angiolini, «non sta né in cielo né in terra» quanto detto ancora dal pg. Ovvero, che se Beppino Englaro dovesse sospendere l’alimentazione di Eluana prima di un eventuale ricorso, «potrebbe avere qualche problema». Come rischiare un’accusa di omicidio? Il procuratore non risponde, ma il senso - si capisce - è quello. «Eseguire la sentenza non vuol dire forzare la mano come qualcuno dice - insiste l’avvocato -, ma solo rispettare la legge». Perché il punto, insiste, è questo. Che «non stiamo parlando di un processo che non si è concluso, ma di nove gradi di giudizio, con due sentenze definitive e conformi». E forse, «se il procuratore generale prende tempo è proprio perché si rende conto che è assai difficile trovare appigli per un ulteriore ricorso». Quindi, «il processo è finito».
Di certo, c’è
che la «terza via» intrapresa dalla Procura generale era quella meno attesa. Un’esitazione «pilatesca» che con ogni probabilità non porterà Beppino Englaro ad avere ripensamenti. Ma che lo lascia, ancora una volta, solo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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