Con un emendamento da 14 milioni l’Unione compra un voto al Senato

Fabrizio de Feo

da Roma

Luigi Pallaro, eletto con i suffragi italo-argentini, passa all’incasso, alza il calice e brinda al colpo grosso. Sull’altro fronte la Casa delle libertà grida alla scandalo e, dopo una feroce battaglia in commissione Bilancio, denuncia «l’acquisto singolo» del voto del senatore d’Oltreoceano, realizzato con i denari dei contribuenti. Un caso destinato ad entrare dritto dritto negli annali della storia parlamentare.
La bagarre ruota tutta attorno a quattordici milioni di euro. Quattordici milioni stanziati per gli italiani all’estero e la valorizzazione degli imprenditori nostrani. Quattordici milioni che scatenano l’ostruzionismo della Cdl, che per cinque ore inchioda la commissione Bilancio della Camera su un emendamento del relatore Ventura alla Finanziaria. Quattordici milioni, esattamente quanti - denuncia l’opposizione - ne aveva chiesti il senatore di Buenos Aires come condizione per concedere il suo sì alla manovra. Il caso scoppia in tutto il suo fragore all’alba. Tutto nasce da un’intervista del senatore. «Non voto la Finanziaria se non ci sono 14 milioni per gli italiani all’estero», aveva dichiararo a Repubblica Pallaro, determinante per la traballante maggioranza di Palazzo Madama. E proprio 14 milioni vengono stanziati da un emendamento del relatore Michele Ventura «per le politiche generali concernenti le collettività italiane all’estero, la loro integrazione, l’informazione, l’aggiornamento e la promozione culturale a favore delle collettività italiane, la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero, il coordinamento delle iniziative relative al rafforzamento e alla razionalizzazione della rete consolare».
Una «coincidenza» di cifre che scatena l’ira dell’opposizione: «Pallaro ha chiesto 14 milioni per votare la Finanziaria, e li ha ottenuti. Il suo voto vale 14 milioni di euro. Anzi, 42 milioni visto che lo stanziamento è per tre anni», dice senza mezzi termini Maria Teresa Armosino di Forza Italia, la prima a sollevare il caso. Il collega Marino Zorzato è ancora più duro: «È un ricatto a mezzo stampa, con incasso in 24 ore. Neanche una cambiale viene pagata così». Il relatore Ventura cerca di scacciare via l’imbarazzo invitando a «valutare l’emendamento nel merito». Ma l’opposizione ha deciso: sarà ostruzionismo senza tregua. E così, su due subemendamenti della Lega, si iscrivono a parlare tutti i deputati dell’opposizione ancora presenti in Commissione. Non solo: chi era già a dormire viene svegliato e richiamato al posto di combattimento. E così tornano a Montecitorio anche Guido Crosetto e Pietro Armani, per contribuire ad allungare i tempi il più possibile. Negli interventi, pur di tirarla per le lunghe, si parla di tutto: Francesco Marinello, data l’ora tarda, racconta dei suoi compaesani che alla stessa ora «sono già in mare a pescare o sui monti con le greggi». Gaspare Giudice ricorda che un suo emendamento per salvare 3200 precari palermitani è ancora senza copertura. Chiara Moroni arriva a proporre polemicamente di «chiudere il Parlamento». L’accusa finale è però sempre la stessa: è un caso di «voto di scambio», l’Unione con 14 milioni vuole «comprare» il voto di Pallaro. La maggioranza tiene duro. E un deputato dell’Unione, alla terza ora di ostruzionismo, mormora: «Se davvero questo emendamento ci fa avere la certezza del voto di Pallaro, sto qui anche fino alle 8 di mattina». La chiosa finale arriva da Gianfranco Fini. «La vicenda dell’emendamento Pallaro è un fatto di inaudita gravità. È la prima volta che un governo compera in modo trasparente il voto di un senatore.

Pallaro aveva detto: «Se non ho 14 milioni di euro per sostenere l’imprenditoria italo-argentina, non voto la Finanziaria. E questa notte il governo ha presentato un emendamento di 14 milioni di euro a favore dell’imprenditoria italo-argentina».

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