Emil, ultima vittima dell’ipocrisia dei buonisti

Su una cosa adesso, dopo la morte di un piccolo rom di 13 anni, tutti sembrano d’accordo: basta campi abusivi. Lo dice il sindaco Letizia Moratti che dopo aver espresso dolore per la tragedia ribadisce che proprio per evitarne altre «proseguiremo con grande rigore nella lotta alla clandestinità e a ricercare percorsi di integrazione». Basta baraccopoli, ripete anche quell’area buonista di centrosinistra che, a ogni sgombero, si scaglia contro le «politiche repressive» della Giunta, senza poi andare oltre i generici inviti «all’accoglienza». E che ora annuncia una manifestazione davanti Palazzo Marino per domani.
Nel frattempo due genitori piangono disperati la morte del loro figlio, avvenuta quasi sotto i loro occhi, in un fazzoletto di terra, perso in fondo a via Novara. Qui, insieme a una quarantina di connazionali, si era rifugiata a settembre, dopo lo sgombero da Triboniano, la famiglia Enea, padre Emil, 45 anni, mamma Lumina, 43, e sei figli dagli 8 ai 25 anni. Poco dopo mezzanotte papà Emil carica la stufa che scalda le due baracche una appiccicata all’altra. Un paio di ore dopo viene svegliato dal fumo acre, chiama tutti i famigliari, si carica in spalla i più piccoli e via. Una volta fuori però si rende conto che il tredicenne, che porta il suo nome, non c’è. Qualche istante per cercarlo poi capisce che è rimasto intrappolato e cerca di lanciarsi tra le fiamme per salvarlo. Lo fermano gli altri rom.


«Provo naturalmente dolore - ha subito commentato il sindaco Moratti - per una tragedia che è quella della morte di un ragazzino, purtroppo queste situazioni di clandestinità e abusivismo portano anche a questo» (...)

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