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Empoli, dietro la lotta al tumore una truffa da 13 tonnellate di abiti

Il disegno di un uomo sofferente adagiato su un letto. A fianco, uno slogan col cuore in mano: «L’indifferenza uccide più della morte». Il volantino standard dell’Acit, Associazione civile invalidi per tumore, si chiudeva con un invito che non poteva essere disatteso: dare all’ente non profit vestiti usati, borse, scarpe, lenzuola e perfino tendaggi. Infilando il tutto in un sacco gentilmente fornito dall’Acit a corredo del kit del buon samaritano.
Il pressing dava i suoi frutti: fra il 1999 e il 2007 il network di onlus cui apparteneva l’Acit ha raccolto qualcosa come 13 tonnellate di indumenti. Un quantitativo impressionante, raccolto grazie alla sensibilità di migliaia di persone. Peccato che quella fiducia fosse mal riposta. L’Acit, la Confassinvalidi e la collegata Andd, singolare sigla che stava per Associazione nazionale disabili depressi, facevano beneficenza solo col nome. In realtà si comportavano come normali imprese commerciali, solo che sollecitavano i buoni sentimenti dell’uomo della strada. «Il tumore - si leggeva nel solito volantino che annunciava l’ennesima campagna di raccolta del vestiario - si può curare e prevenire anche col tuo aiuto. L’indifferenza è colpa». E ancora: «Tutto ciò che non ti serve più ci sarà di grande aiuto per realizzare le nostre finalità assistenziali. L’indifferenza uccide più della morte». Come dire, un pugno sulla coscienza. Quasi a provocare sensi di colpa fra chi leggeva.
Invece, la generosità veniva tradita. Perché il materiale raccolto veniva rivenduto a prezzi di mercato. E non finiva certo alle persone più deboli e disagiate. La catena della solidarietà finiva proprio dietro la porta di quelle onlus dai nomi così altisonanti. Non c’era spazio per la malattia. Non c’era spazio per il dolore. Non c’era spazio per l’aiuto ai più deboli. Solo affari. Così da anni. Così per anni. Così fino alle perquisizioni delle Fiamme gialle della compagnia di Bergamo e all’inchiesta della Procura per truffa.
I militari trovano fra Nembro, Alzano Lombardo e Ranica 12.400 sacchetti gialli vuoti, sequestrano 54 quintali di indumenti, bloccano la catena di montaggio degli stracci. E scoprono che il network di onlus fa capo a un’unica persona: Ilario Mazzoni, residente a Empoli. Le indagini si spostano in Toscana e là si scopre che in teoria l’impero di Mazzoni è già stato smantellato: l’Acit è stata cancellata dal registro delle onlus addirittura nell’ormai lontano 2004; pure la Confassinvalidi è stata eliminata dall’elenco perché si spacciava come onlus ma in realtà agiva come una qualunque impresa commerciale; infine, anche l’Andd è stata tolta dal “libro” del non profit certificato.
Tutte e tre sono state depennate. E tutte e tre sono andate avanti, come se nulla fosse. Come mai? Un caso? Temerarietà? E perché nessuno è intervenuto? Evidentemente i meccanismi della buona beneficenza devono ancora essere oliati e non si è ancora trovato il modo di ripulire questo mondo da soggetti sleali che devono essere misurati col metro del codice penale e rischiano di rovinare l’immagine di tante onlus per bene, cantieri della solidarietà.


Tre dirigenti delle onlus sono stati rinviati a giudizio per truffa: presto saranno processati.

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