Emanuela Ronzitti
da Roma
Si aggrava la crisi dellEnea. A traballare è la leadership del premio Nobel Carlo Rubbia, al comando da circa 6 anni dellEnte per le nuove tecnologie lenergia e lambiente. Nemmeno la riunione di ieri mattina con il ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola, ha diradato le nubi sul suo futuro. Ora sempre più nere. Per il Nobel, le ore sembrano ormai contate. Le sue promesse non hanno convinto. Lo scienziato, al momento di assumere la presidenza, era animato da buoni propositi: riportare allEnea i finanziamenti necessari per realizzare, insieme con lindustria, un numero elevato di grandi progetti strategici per il Paese, così da potenziare e specializzare le competenze dellEnte. Ma il tentativo di riposizionare lItalia della sperimentazione nel ruolo di piena centralità europea (lEnea è il centro più grande dEuropa) è naufragato. Il crollo del suo management, forse non allo stesso livello dellindiscutibile know how dello scienziato, si è verificato dopo lennesimo tentativo, per altro riuscito, di depotenziare la struttura amministrativa del Cda dellEnte.
Lultimo colpo basso a unimpalcatura diventata, per altro, fragile dai molti anni di commissariamento alle spalle (concluso a dicembre del 2004), arriva dal diktat pronunciato dei giudici del Tar del Lazio, pochi giorni fa, che solleverebbe dallincarico di Direttore generale, lingegnere Giovanni Lelli. Impedendo, così, al nuovo assetto organizzativo dellEnea contenuto nel decreto legislativo 257/03, di riavviare la competitività dellazienda.
La sentenza del Tar ha accolto il ricorso del presidente Rubbia, e cioè, di invalidare la nomina (votata ad unanimità dal Cda) del nuovo Direttore generale Lelli, che per altro ricopriva lo stesso incarico con facente funzione, già da tre anni. Il fatto risale al dicembre del 2004, quando durante la seduta per la nomina del futuro leder dirigenziale dellEnte, gli animi si infervorano davanti alla presentazione dei cinque candidati presentati da Rubbia, al quale spetta solo la facoltà propositiva dei candidati. La nomina è altra cosa. Nella rosa degli appetibili non spicca però, il nome di punta, quello di Lelli, che per facta concludentia ne avrebbe quanto meno diritto.
E così, il Cda, unico organo designato alla nomina del direttore, boccia senza esitazioni i candidati del presidente e decide di nominare Lelli, avvalendosi del diritto acquisito sul campo dallingegnere in 30 anni di lavoro spesi allinterno della struttura. Uomo per altro ben visto dal ministero delle Attività produttive. La furia del presidente a quel punto lascia il posto alla condiscendenza: «Cè una proposta da parte vostra di un candidato?». E così, lanimata votazione finisce con una bocciatura secca di Rubbia alla new entry, pur con la sua sottoscrizione alla nomina che avrebbe riconsegnato stabilità alla direzione e gestione globale dellEnte. Se Rubbia dovesse andar via, a far da tutor allintero comparto sarà comunque Lelli che avrà però le mani legate, almeno fino alla nomina del neo Presidente. Forse, finalmente, si sederanno gli animi irritati dei sindacati, che in questi anni hanno fatto guerra alla gestione del Presidente per tutelare i 3.300 dipendenti e i 2.400 ricercatori dellEnte.
È noto nellambiente che Rubbia non ha mai riconosciuto come massimo organo decisionale il Cda. Non ha mai fatto mistero di questo, neppure davanti alla X Commissione della Camera lo scorso 15 aprile: «La nuova legge di riforma dellEnea è caratterizzata da riduzione dei poteri del Presidente con contestuale crescita dei compiti del Consiglio di Amministrazione». A conferma di ciò, i suoi contrasti con il precedente Cda, che portarono a far decadere lo stesso Consiglio e il suo ostruzionismo dellattuale.
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