Enel-Suez, slitta la privatizzazione di Gdf

Dubbi anche su un possibile via libera in autunno

Alberto Toscano

da Parigi

A Parigi l’imbarazzo e la confusione sul caso Suez-Gdf (Gaz de France) sono tali che il quotidiano del pomeriggio Le Monde è uscito ieri con una duplice copertina: quella stampata titola «Villepin rinuncia a privatizzare Gdf», mentre quella su Internet - rivista a seguito delle precisazioni governative - dice che «Villepin congela la privatizzazione di Gdf». Almeno questo è certo: il primo ministro francese, che voleva far approvare dal Parlamento in luglio la nuova legge sullo status delle imprese pubbliche, è pronto ad aspettare l’autunno. Dominique de Villepin non poteva fare diversamente perché all’interno stesso dell’Union pour un Mouvement Populaire (il suo partito, che dispone della maggioranza assoluta dei seggi parlamentari) è in atto una fronda anti-privatizzazione. Una fronda che si somma ai malumori di senatori e deputati, che nel 2004 hanno già votato una legge in materia, secondo cui la quota dello Stato in Gdf non può scendere sotto il 70 per cento. Adesso - al solo scopo di bloccare l’eventuale Opa di Enel su Suez - Villepin è pronto a far votare un nuovo testo dallo stesso Parlamento. «Noi non siamo marionette!»; è il commento di un deputato di centrodestra, teoricamente favorevole a Villepin.
Il rinvio all’autunno (ma forse alle calende greche) della discussione sulla nuova legge mette Enel in una situazione più confortevole di prima: il gruppo italiano può riprendere le proprie riflessioni sull’eventuale lancio di un’offerta pubblica d’acquisto (Opa) sul capitale Suez. Basta che lo voglia. Si tratterebbe comunque di un’Opa «stellare», difficilmente gestibile senza una rete di solide alleanze finanziarie e industriali. I francesi di Veolia, che fino a sei mesi fa avevano esaminato con Enel l’ipotesi di un’iniziativa congiunta sul capitale del gruppo franco-belga Suez, ormai si sono tirati indietro (a seguito di pressioni politiche) e difficilmente cambieranno idea senza la benedizione del presidente Jacques Chirac e del primo ministro Dominique de Villepin, che dal canto loro restano contrarissimi all’idea di un’Enel al timone di Suez.
Vista da Parigi la vicenda sembra ormai una partita a scacchi, nel corso della quale Villepin s’è illuso di battere due avversari in una volta sola: Enel da un lato e i sindacati francesi (contrari alla privatizzazione di Gdf) dall’altro. Adesso il primo ministro non sa più che pesce pigliare e - in una dichiarazione rilasciata ieri - dice di voler aprire un dialogo con le parti sociali. Tipica ammissione d’impotenza. In realtà Villepin si rende conto di non poter contrastare in tempi brevi un’eventuale Opa su Suez. Solo che gli ipotetici autori di quell’Opa sono a loro volta condizionati dal dubbio sui rischi e sul costo (indiscutibilmente enorme) di una tale scommessa. Così ciascuno studia il vicino sperando di poter ottenere un risultato positivo senza correre pericoli. A Parigi si pensa che il vero obiettivo Enel non sia l’Opa, ma un compromesso vantaggioso sulla belga Electrabel. Meglio un compromesso a buon mercato che una guerra «sanguinosa». Al tempo stesso Villepin non vuole alcun compromesso: lo spauracchio dell’Opa italiana gli serve per giustificare la privatizzazione di Gdf.

Quanto a Gdf e a Suez, la fusione viene vista con favore, ma alla fine ciascuno potrebbe continuare per la propria strada senza troppi danni. Dunque tutto potrebbe restare come prima. Molto rumore per nulla in quella che potrebbe diventare la commedia di mezza estate.

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