Roma - «San Silvio, aiutaci tu!». Pur di far sventolare ancora il tricolore italiano su Telecom, la maggioranza è disposta a qualsiasi opzione. Perfino ad aprirne il controllo a Mediaset, «nemica storica» in quanto azienda che fa capo a Silvio Berlusconi. L’ipotesi è stata avanzata dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, la stessa persona che ha presentato un ddl di riforma del sistema radio-tv volto a tagliare le unghie al gruppo di Cologno Monzese. E pure il segretario dei Ds, Piero Fassino, l’ha sostenuta: Berlusconi è «un operatore del settore e quindi può fare un’offerta».
Al di là dell’inaspettata retromarcia, l’Unione deve ancora chiarirsi le idee. Ieri il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, è tornato a invocare un «indirizzo strategico» da parte del Parlamento. Alla sinistra radicale, a Fassino e a parte del sindacato riesumare il «piano Rovati» non dispiacerebbe.
La Gasparri in soffitta. «Credo che tutto ciò che spinge un gruppo come Mediaset verso nuovi investimenti nelle comunicazioni sia positivo». In un colloquio con IlSole24Ore il ministro Gentiloni ha rilevato che nella costruzione di un’alternativa all’offerta di At&t e di América Móvil non verrebbero posti paletti all’ingresso di Mediaset. Purché non si tratti di una quota di controllo, circostanza vietata dalla legge Gasparri. «Il governo è favorevolissimo al fatto che Mediaset diversifichi l’impegno, ma non lo può fare perché la Gasparri, per proteggere Mediaset dall’invadenza di Telecom, lo proibì», ha precisato cercando di spiegare che non si tratta di «un’invocazione» a Mediaset, ma di un appello al sistema finanziario. «Ora è meglio Berlusconi che gli americani per comprare Telecom, però la legge impedisce a Mediaset di farlo», ha commentato l’ex ministro delle Comunicazioni di An. «Serve una legge ad personam», ha ironizzato il presidente della Vigilanza Rai, Mario Landolfi.
Qualcosa di sinistra. «Siamo tranquilli», dice il ministro dello Sviluppo economico Bersani che trova il tempo di polemizzare con La Stampa alla quale aveva dichiarato: «Ma questi americani che progetti hanno, a cosa mirano?». «In Italia c’è anche la libertà di silenzio», svicola Massimo D’Alema. Al Botteghino fino a tarda sera non c’è tanta voglia di parlare. Allora a dire qualcosa di sinistra ci pensa il segretario della Quercia. «È interesse strategico del Paese che la rete Telecom resti italiana», proclama Piero Fassino aggiungendo che il progetto targato Rovati «in sé non era un piano così scandaloso». L’italianità, concetto deprecato ai tempi delle guerre bancarie, oggi è un valore. Berlusconi «può fare un’offerta». Anche Fassino dà il suo placet, incitando gli istituti di credito a collaborare. «Possibile - si chiede - che quel consorzio di banche che fino a ieri era indicato come una soluzione non possa farsi avanti?». E di fatto sbugiarda il responsabile economico diessino Cabras che aveva sbandierato il suo «no a politiche interventiste». L’ultima mossa di Tronchetti Provera non passerà in cavalleria. E, come ha ricordato Francesco Cossiga, due opzioni ci sono: «O esproprio o golden share».
Questioni di sovranità. «L’indirizzo strategico deve essere nelle mani di chi rappresenta la sovranità e cioè il Parlamento» perché «per la rete la competizione non c’è». Fausto Bertinotti ha chiarito ulteriormente: sulle infrastrutture di Telecom non decide la proprietà, ma la politica. L’ex leader del Prc non è isolato. Il ministro dei Trasporti in quota Pdci, Alessandro Bianchi, ha precisato che «il governo dovrà far sentire la sua voce». E se il segretario del Prc, Franco Giordano, ha chiesto una «immediata discussione» in Aula, il presidente della commissione Lavori pubblici del Senato, la verde Anna Donati, l’ha accontentato convocando il ministro Gentiloni in audizione.
Rischio-Paese. «Lo Stato non può fermare il mercato», ribatte Guido Crosetto (Fi). Il governo «ha dimostrato al mondo che gli investimenti stranieri non sono i benvenuti e c’è un rischio Paese pericoloso perché si interviene sui diritti acquisiti», commenta Stefano Saglia (An). La Cdl è preoccupata. Come è preoccupato il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo.
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