Enneagramma. I segreti (divini?) di un simbolo

L'enneagramma è usato come la chiave per la conoscenza di sé: saremo in grado, interagendo con le altre personalità a noi più vicine o più diverse, di avviare il processo evolutivo della nostra personalità

Enneagramma. I segreti (divini?) di un simbolo
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Esiste un'antica conoscenza esoterica che unisce Belzebù a Sant'Ignazio di Loyola, i dervisci sufi ai teologi gesuiti, la psicologia moderna al sapere tradizionale. Stiamo parlando di un simbolo misterioso, il cosiddetto enneagramma, ossia una circonferenza divisa in nove parti uguali, collegate da altrettante linee che scorrono in un determinato ordine all'interno del cerchio, a rappresentare il ventaglio di tutte le diverse personalità umane: i nove enneatipi e i ventisette sottotipi nei quali rientra ogni individuo. Non stiamo parlando di tipi psicologici statici, come quelli catalogati, ad esempio, dalla psicologia junghiana, ma di strutture dinamiche della personalità, che sono in continua evoluzione (o involuzione). Ne parlano due libri, il primo, L'enneagramma. Alla scoperta dei nove volti dell'anima (Ares, pagg. 352, euro 18), scritto da un francescano Usa, Richard Rohr, insieme con un teologo protestante, Andreas Ebert, e il secondo, La via dell'Enneagramma: psicologia e spiritualità (Mimesis, pagg. 544, euro 28), opera di un medico e scienziato laico, Franco Fabbro. A introdurre l'enneagramma in occidente fu G.I Gurdjieff. L'insegnamento esoterico di Gurdjieff mira a svegliare l'uomo dallo stato di sonno in cui è immerso. L'enneagramma è usato come la chiave per la conoscenza di sé: individuato quale dei 9 tipi è il nostro, saremo in grado, interagendo con le altre personalità a noi più vicine o più diverse, di avviare il processo evolutivo della nostra personalità. Nel libro dei cristiani Rohr e Ebert, l'enneagramma può essere utilizzato per accompagnare una maturazione spirituale, che si sviluppa lungo il percorso evolutivo delle nove personalità paragonate ai sette peccati capitali (più due: menzogna e timore). Per il laico Fabbro, invece, è lo stimolo per iniziare una via di guarigione e superare lo stato di ipnosi e di coma in cui ci troviamo in quanto esseri umani.

Alla sua morte (1949) Gurdjieff ha lasciato alcuni scritti, tra i quali i Racconti di Belzebù a suo nipote, nel quale è facile individuare lo stesso autore nei panni di Belzebù. Il fatto che oggi, a raccogliere il suo messaggio ci siano anche sacerdoti e religiosi cristiani vuole farse significare che, se il diavolo faceva solo le pentole, sono arrivati anche i coperchi?

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