Enrico Ghio, il democristiano che divenne l’anti-Scalfaro

Enrico Ghio, il democristiano che divenne l’anti-Scalfaro

(...) e poi da parlamentare, e nei cento altri incarichi mantenuti o mandati alle spalle, Ghio aveva abituato interlocutori, amici e avversari politici, ed anche gli amatissimi familiari, all’arguzia con cui ridimensionava molti e serissimi problemi (anche degli altri, naturalmente). Ma chi ha avuto il piacere di frequentarlo, ne ha apprezzato anche la risolutezza che non era mai intransigenza e un rigore morale che non escludeva il perdono, lui che della Fede cattolica aveva fatto un faro - se non «il» faro - della propria esistenza. Sfogliare i giornali e le foto che testimoniano la presenza di Ghio protagonista discreto, ma incisivo della vita pubblica, significa ripercorrere una parabola particolarmente significativa della storia nazionale degli ultimi sessant’anni. Lui accanto al Pontefice, a capi di Stato, presidenti del Consiglio, ministri. Lui che scambia opinioni e viene ascoltato da personaggi eminenti della Chiesa e del governo della cosa pubblica. Lui che non esita a scontrarsi, per affermare la coerenza delle idee, con quanti erano stati solidali in altri tempi, e poi - per incoerenza, incoscienza, inconsistenza? - avevano preso altre strade.
«Non guardava in faccia a nessuno». E questo può essergli costato, in privato. Ma questo modo di essere, questo costume, questo vestito perfettamente cucito sulla sua persona, dev’essergli costato anche facendogli perdere qualche carica che avrebbe meritato. Era fatto così. Ruppe con Oscar Luigi Scalfaro, tanto per dire, dopo che per decenni erano stati insieme nel gruppo - odiava la definizione di «corrente» - dei centristi della Dc, i più decisi a opporsi alla svolta a sinistra. Non fu tenero neanche con Sandro Pertini: «Presidente o no, non m’importa». E la colpa grave che gli imputava - la dice lunga sulla sua concezione etica - era l’aver illuso e deluso la promessa sposa che l’aspettò fedele negli anni del confino.
Non c’era separazione, per Enrico, tra sfera pubblica e privata. Non c’era differenza tra giovani e meno giovani, tra ricchi e poveri, tra famosi e perfetti sconosciuti. Per lui c’erano amici e avversari, nemici mai. Era l’impronta della scuola cattolica, della missione nel Serra Club che fondò, primo in Italia, a Genova con monsignor Noli.

Una vita intensa, superando momenti difficili, senza rinunciare alla speranza: «Quando la notte è più profonda, occorre aver fiducia perché l’alba è più vicina». Lo ripeteva spesso, a sé e agli altri, Enrico. Fosse solo per questo, dovremmo ricordarlo sempre ed essergli grati.

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