Si tratta di quarantadue salesiani spagnoli, tra sacerdoti, religiosi e laici, uccisi dagli anarco-comunisti nel 1936. Qui abbiamo spazio solo per parlare del capogruppo, Enrique Saiz Aparicio. Nacque in un paesino dalle parti di Burgos nel 1889. Pare abbia avuto un'infanzia difficile, anche se non ne conosciamo i dettagli. Ciò contribuì a formargli un carattere duro e cocciuto. Studiò dai salesiani e nel 1909 ne prese l'abito a Barcellona, giusto in tempo per vedere la «semana trágica» di insurrezioni e uccisioni di preti. Lo mandarono a insegnare a Salamanca e a Madrid, e non gli mancarono i contrasti e le difficoltà che il suo carattere gli procuravano. Ma egli si sforzava di dominarsi e la grazia divina aggiunse quel che mancava nel 1918, quando ricevette l'ordinazione sacerdotale. Nei collegi di Salamanca e poi Atocha e Carabanchel a Madrid, che ebbero la sua direzione, tutti quelli che lo conoscevano si stupirono del cambiamento: tanto rigido e aspro prima quanto comprensivo, dolce e affabile adesso. Si andò avanti con soddisfazione di tutti fino al 20 luglio 1936, due giorni dopo l'«alzamiento» dei nazionalisti che dette il via alla guerra civile. Quel giorno i miliziani assaltarono i collegi dei salesiani madrileni e portarono in carcere tutti quelli che trovarono, studenti compresi.
A scaglioni, nei giorni seguenti, i quarantadue catturati finirono al muro, fucilati. Come anticipato, non abbiamo qui lo spazio neanche per riportare tutti i nomi, ma si tenga presente che non pochi erano ragazzi. Ma la «pulizia etnica» non guardava in faccia nessuno.www.rinocammilleri.it
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