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Lo "shadowban" dei social: cos'è e come "censurano" questi contenuti

Una tecnica usata dalle piattaforme social e che è tornato alla ribalta grazie a Twitter, ma lo shadowban è tipico di molti social

Lo "shadowban" dei social: cos'è e come "censurano" questi contenuti

Lo scorso 9 dicembre la giornalista Bari Weiss ha pubblicato la seconda parte di quelli che sono stati definiti "Twitter files", ossia le prove che la piattaforma avrebbe "nascosto", durante i primi mesi della pandemia, account e contenuti giudicati in grado di turbare la comunità.

Contenuti veri, non fake news, ma giudicati inadatti alla pubblicazione. Un fenomeno che non riguarda soltanto Twitter ma che è ritornato d'attualità perché preso di petto da Elon Musk.

Lo shadowban

Si tratta di una sorta di censura selettiva che può interessare tutti gli utenti e tutti i contenuti i quali, pure non andando a ledere le politiche delle piattaforme, vengono pubblicati e resi meno visibili perché potrebbero turbare il dibattito collettivo.

Contenuti e account che vengono tenuti nell'ombra (shadow) e che sono difficilmente rintracciabili pure facendo ricerche sulle piattaforme o usando hashtag appropriati.
A diffenza di un veto vero e proprio (un ban), chi ha pubblicato i contenuti non viene messo a conoscenza del fatto che sono stati sottoposti alla tecnica dello shadowban. Mentre gli algoritmi delle piattaforme social tendono a premiare i contenuti più condivisi penalizzando in termini di visibilità quelli ritenuti a bassa qualità o di clickbaiting, nel caso dello shadowban la qualità e la veridicità di ciò che è stato pubblicato non viene ripagata, anzi, diventa il motivo per il quale si ritiene necessario declassare i post.

Elon Musk e la gestione precedente

Il patron di Twitter ha voluto portare alla luce questa pratica, sostenendo di essere impegnato nel creare una funzionalità capace di mettere ogni utente in condizione di sapere se i contenuti postati sono stati posti sotto shadowban, politica che risale alla gestione precedente e che non gli si può imputare. Da quando ha acquistato Twitter, Musk si è trovato confrontato con problemi ormai strutturali che riguardano la sicurezza, la privacy ma anche la necessità di mantenere viva la piattaforma e, anche da questo punto di vista, oggi a Musk si possono muovere poche critiche, perché Twitter le cifre nere le ha viste soltanto di rado.

Quello dello shadowbanning è un problema reale che sta smuovendo molte piattaforme social. Twitter ha creato un contatore che consente agli utenti di sapere quante volte è stato consultato un contenuto ma è una misura blanda senza una reale praticità. Instagram sta allestendo una sezione all'interno della quale ogni utente può controllare se i propri contenuti sono premiati o penalizzati.

Il rumore fatto da Musk ha attirato l'attenzione delle altre piattaforma e dei media in generale, su tutti quella del Washington Post che ha tolto ossigeno all'ipotesi - sollevata da più parti - che lo shadowban non esista.

Questione di trasparenza: o le piattaforme social hanno, tra i rispettivi obiettivi, quello di rendere democratici i dibattiti, oppure no.

Giusto depubblicare contenuti falsi, fuorvianti o illegali ma non ha senso che siano le piattaforme a decidere cosa può turbare la comunità e cosa no.

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