Eolico, Bocchino distratto: nei verbali il suo ex «socio»

Rileggendo sul Giornale gli atti giudiziari che negli anni lo hanno visto citato ripetutamente in varie inchieste (intercettazioni, informative, sentenze) Italo Bocchino ha pensato bene di dare mandato ai propri legali per querelare questo quotidiano. La colpa? L’aver ricordato a lui, e ai lettori, di come non fosse carino prendersela - per delle semplici intercettazioni (peraltro ancora non note) - con il coordinatore del Pdl Denis Verdini che insieme al partito l’aveva sempre difeso a proposito di intercettazioni e vicende giudiziarie varie che avevano sfiorato proprio lui: parliamo delle conversazioni con l’imprenditore Romeo nell’inchiesta Global Service, delle rivelazioni del pentito camorrista Vassallo nell’inchiesta Cosentino-rifiuti, della sentenza finale sull’inchiesta Telekom Serbia (rintracciabile nel sito www.associazioneaglietta.it/serbia.html e per un terzo dedicata proprio a Bocchino). Tutti documenti ufficiali, pubblici, agli atti dei processi.
Incidentalmente, e non ce ne voglia ancora Bocchino, oggi viene fuori che nella mole di carte allegate all’inchiesta sulla fantomatica P3 dell’eolico, anziché spuntare intercettazioni devastanti che dovrebbero portare alle dimissioni di Verdini, ne spuntano altre che nel filone dell’eolico prendono di mira il faccendiere Flavio Carboni e una persona un tempo vicina proprio a Bocchino. Di chi si tratta? Di Ugo Benedetti, vecchia conoscenza del deputato finiano avendo lavorato nell’amministrazione del Roma (secondo lo «storico» della Camera di commercio risultava quale sindaco effettivo) quotidiano napoletano di cui per anni (ora non più) Bocchino è stato l’«editore» di riferimento, come peraltro ben raccontato nella sentenza su Telekom Serbia. Benedetti è noto alla cronache anche per esser stato ancor prima coinvolto (e arrestato) nel devastante scandalo di Italsanità sulle residenze sanitarie per gli anziani - lo stesso ricopriva la carica di amministratore delegato - che costò miliardi di lire alle casse dello Stato.
Rintracciato dal Giornale, Ugo Benedetti non si sottrae alla richiesta di chiarimenti sui suoi trascorsi e sui rapporti con Carboni cristallizzati in decine di intercettazioni: «La condanna per Italsanità è di pochi mesi, roba di false comunicazioni sociali. È una vicenda vecchissima, che s’è conclusa a tarallucci e vino e che non mi va di ritirare fuori. Confermo di aver lavorato al giornale Roma di Napoli ma ormai mi occupo di altro, ho un global service nel campo elettro-strumentale. Non so niente di questa storia dei parchi eolici, a Carboni avevo assunto il fratello della sua compagna ed era evidentemente quello il motivo della conversazione intercettata. Quanto all’eolico ne parlava tutto il mondo, forse Flavio ne avrà parlato anche con me, boh, non lo so...».
Forse sì, forse no. Tant’è. La prima volta che Benedetti è beccato a parlare insieme a Carboni è nelle frenetiche telefonate ascoltate dai carabinieri impegnati a cercar di capire i movimenti del faccendiere interessato al business dell’energia alternativa e alla sponsorizzazione di Ignazio Farris all’Arpa, l’agenzia della regione Sardegna che si occupa di ambiente. Il 7 luglio 2009 i militari dell’Arma annotano sui brogliacci: «Carboni chiama tale Benedetti Ugo, in corso di identificazione. L’uomo utilizza una scheda telefonica intestata alla società Pro-Ge-Sud Sardegna Srl». Le conversazioni successive vertono su alcune «domande» da inoltrare al Casic, il consorzio per l’area di sviluppo industriale di Cagliari. «Anche questa operazione pare rientrare in quella più ampia inerente gli impianti di produzione di energia eolica» sintetizzano i carabinieri. «Alla perplessità di Carboni riguardo le norme che limiterebbero la quantità di energia prodotta, Benedetti risponde testualmente: “Ma no, Flavio, il discorso è che con il regolamento la cosa si forza, a me mi serve da far verificare per saltare tutte quante le procedure”...». Questo personaggio, sconosciuto fino a quel momento, inizia a catalizzare l’interesse degli inquirenti perché in grado di risolvere questioni importanti che stanno a cuore a Caroni. Il quale, due giorni dopo, scomoda nuovamente l’amico per discutere di un documento, fornitogli da Benedetti, secondo il quale non è possibile inoltrare domande relative a terreni con più di 10 ettari. «Tale ostacolo - osservano i carabinieri - comporterebbe una riduzione di megawatt da 30 a 6 (...)». Benedetti lo esorta a redigere ugualmente la domanda secondo le sue indicazioni, che ci avrebbe pensato lui a portarla a «qualcuno» per risolvere la complicazione: «Tu fai la domanda per quello che ti ho detto io, poi gliela porto e vediamo un attimo come fare». L’11 luglio altra telefonata, che si conclude con l’invito al famoso convegno al Forte Village. In altre chiamate Benedetti rassicura Carboni sulla quantità di energia da produrre pari a trenta megawatt.

Fino a che, il 29 luglio, alle ore 17.06, Carboni e Benedetti disquisiscono di nomine politiche «che potrebbero risultare funzionali - scrivono i trascrittori dell’Arma - all’operazione imprenditoriale portata avanti dal Carboni».

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