
Mirella Serri, firma della Stampa, è una collega della quale invidiamo il sapere scrivere sempre la cosa giusta, nei momenti giusti, sui fogli giusti. Da qualche tempo, lei che di formazione è un’italianista, è incline a pubblicare – l’ora funesta lo richiede! e anche il mercato... - fortunati saggi su «I giovani ribelli che sfidarono Mussolini», «Claretta l’hitleriana», «Le radici fasciste del maschilismo italiano», e, adesso, Nero indelebile, un pamphlet sulle radici, ovviamente «oscure», della destra-destra che la Meloni ha portato al potere. Un libro - figlio di molti articoli scritti all’epoca sulla Stampa per avallare la chat «Bella ciao» di Massimo Giannini - destinato al successo. E che avremmo voluto scrivere noi.
La Serri, al netto dell’idea che per avere la patente di antifascista tutta la destra dovrebbe iscriversi al Pd, è bravissima. Richiesta dai migliori talk show antimeloniani, da Rete4 a La7, di spietata efficacia nel denunciare il nuovo regime, è leggermente faziosa e con un tenue gnè-gnè; ma brava. Ieri ha scritto una lettera a Repubblica, in comparaggio professionale con Francesco Merlo, “Vai avanti tu che forse scoppia la polemica”..., per sbeffeggiare, col puntiglio delle professorosse, il ministro Giuli. Contro il quale, lei e tanti orfani dell’egemonia veltroniana, bisbigliarono fastidiose rimostranze quando fu nominato presidente del Maxxi.
Un museo dove, secondo la sua logica, ancora impera la tirannia di Giuli. Ma dove pure, ieri sera, ha presentato, con fiera posa antifascista, il proprio libro.
Sembra anche con discreto successo di pubblico.