I lavoratori (maschi) sono vittime di serie B

Il maschio è vittima di serie b. In ogni settore

I lavoratori (maschi) sono vittime di serie B
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Gentile Direttore Feltri,
i morti sul lavoro continuano ad aumentare, ma non fanno audience, non scandalizzano l'opinione pubblica, non ci fanno indignare. Il numero dei femminicidi è di gran lunga inferiore, il 10% circa rispetto a quello dei morti sul lavoro, che superano i mille all'anno, eppure di femminicidio si parla come di una emergenza, di morti sul lavoro no. Quasi si accettano e ci si rassegna che il diritto al lavoro implichi il rischio di crepare, così frequentemente.

Luca Zaccaria

Caro Luca,
scrivi il vero: i femminicidi ci indignano, le morti sul lavoro non ci toccano. Ti dirò in tutta sincerità la mia. La ragione di questo doppio standard risiede nel fatto che la quasi totalità di coloro che perdono la vita sul lavoro sono maschi e dei maschi non importa nulla a nessuno in questa società che ha fatto del femminismo una battaglia feroce contro il nostro genere, travisandone gli scopi e mistificandone i principi. Se la stragrande maggioranza delle vittime del lavoro fossero femmine, stai certo che la sensibilità su questo tema non mancherebbe. Il maschio è vittima di serie b. In ogni settore. A morire ammazzati sono soprattutto uomini, a morire sul lavoro sono soprattutto uomini, a morire in guerra sono soprattutto uomini, i senzatetto sono soprattutto uomini, i suicidi sono soprattutto uomini, ma chi se ne frega? È un tipo di mentalità che contiene una discriminazione di fondo, discriminazione di genere, la quale tuttavia è ammessa in quanto diretta contro il maschio. Ogni giorno abbiamo in media tre lavoratori che si spengono mentre sono impegnati nell'attività faticosa di guadagnarsi il pane, pure per sfamare moglie e figli. Dati che fanno rabbrividire, che corrispondono ad un bollettino di guerra. E l'aspetto più preoccupante è questo: siamo una Repubblica edificata sul diritto al lavoro, così come sancisce la nostra Costituzione, ma il lavoro vale sempre meno. E non è un problema politico. La politica si impegna, vengono fatte nuove norme, vengono destinate risorse, vengono potenziati i controlli. Si tratta di un problema culturale. Quelle norme non vengono applicate. Ed è lo stesso lavoratore a trascurare la sua sicurezza e la sua salute o a non ribellarsi quando queste vengono trascurate dal datore di lavoro. Se ci fosse rispetto del lavoro, ci sarebbe rispetto pure nei confronti di colui che lo svolge. E sarebbe dunque impensabile entrare in un cantiere senza le dovute accortezze e protezioni, giusto per porre un esempio.

Oggi suscita più commozione la morte del ladro straniero che svaligia case altrui e che viene freddato sul lavoro (illegale) rispetto al lavoratore onesto e perbene che muore in fabbrica.

Perché, oltre al genere, c'è quest'altra discriminazione, quella fondata sul colore della pelle o sulla nazionalità, per cui se la vittima di sesso maschile è extracomunitaria, allora dobbiamo piangere, commuoverci, commiserare, scandalizzarci, insorgere, urlare; se è italiana, allora, nessuna pietà. Ed è così che i lavoratori, quasi tutti maschi, crepano come mosche nell'indifferenza generale.

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