Cultura e Spettacoli

Era a dieta di tutto trannne che di sesso

Insaziabile maliarda, uomini e donne per lei pari erano. Viveva ad alcol e psicofarmaci e si fece togliere quattro molari per avere un’aria più drammatica

Quella sera, era a cena col suo mentore al Lido di Venezia. Costui, un von Sternberg, fungeva saltuariamente da compagno di letto, ma tra loro c’era soprattutto un decennale sodalizio di arte e affari. Il von le aveva fatto fare le cose più strane. La convinse perfino a farsi togliere quattro molari per darle, con le gote incavate, un’aria più drammatica. Lei obbedì, non perché fosse un’oca, anzi era astuta come un’avventuriera, ma per accentuare l’ambiguità del suo personaggio.
Dunque, mentre cenavano, arrivò Erich Maria Remarque, autore in voga per il romanzo pacifista Niente di nuovo sul fronte occidentale. Cenare, in realtà, era troppo dire. La trentaseienne si fermava ogni due per tre per una sigaretta. Fumava a un ritmo talmente esagerato che pareva lo facesse per il puntiglio di mantenere la sua media di quattro pacchetti al giorno. Inoltre sbocconcellava, perché era come sempre a dieta nonostante il corpo filiforme. A lei però bastava prendere mezzo chilo per riempirsi di lassativi e depurare le budella con ettolitri di acqua minerale.
Remarque la colpì già mentre si avvicinava al loro tavolo. Doveva essere sulla quarantina, era elegante e aveva l’aria del gentiluomo. Quando il von li presentò, lo scrittore le baciò galantemente la mano. Un paio d’ore dopo, erano insieme nudi nella stanza di un grande albergo. Malgrado la tenuta adamitica, Remarque fece una premessa dandole del lei: «Le devo confessare una cosa. Io sono impotente». La signora ne fu semplicemente entusiasta e, senza nemmeno dire «ci penso io», agì da par suo. Il «tu», a quel punto, venne spontaneo e la relazione durò diversi anni. Un rapporto intermittente, mentre ciascuno continuava la propria esistenza. Erich viveva nella sua villa sul Lago Maggiore, lei in California. La maliarda ogni tanto lo raggiungeva in Europa per calmare le sue ansie. Remarque era infatti geloso di Jean Gabin il quale, stando a ciò che leggeva sui giornali, era diventato l’amante della signora. Ignorava invece che andava a letto anche con Edith Piaf e che aveva mille altre avventure. Per la maggior parte del tempo, il legame fu però epistolare. Purtroppo, le lettere di lei non ci sono rimaste perché l’attrice Paulette Goddard, ultima moglie di Remarque, le distrusse dopo la scomparsa del marito. Con una sola eccezione. Il poetico telegramma che la Nostra spedì a Erich sul letto di morte: «Ti mando tutto il mio cuore».
Cittadina americana da un certo momento in poi, la quasi avventuriera sostenne come poteva lo sforzo bellico statunitense contro il nazismo. Detestava infatti Hitler. Fece un’ardita tournée fra le truppe combattenti per risollevarne il morale. Aveva, oltre allo stile sofisticato da cabarettista, una bella voce e era diplomata in canto. Un ripiego rispetto alla sua vocazione di pianista e violinista alla quale aveva dovuto rinunciare da ragazza per lo strappo dei legamenti di un dito. Sulla scena, al fronte, indossava una divisa yankee di sua creazione. Aveva sempre avuto il gusto dei travestimenti maschili: giacca militare con berretto a visiera, frac con cilindro, ecc. Aveva anche un aspetto androgino che si prestava e una spensierata bisessualità. Per un po’ divise un’amante con Greta Garbo, una tale Mercedes de Acosta che ebbe per questo un momento di gloria.
Nel concedere le proprie grazie fu equanime tra uomini e donne. Meno note queste, notissimi quelli: Orson Welles, Gary Cooper, Burt Lancaster per dirne alcuni. Tra i suoi ammiratori, Ernest Hemingway, che le fece una dichiarazione simile a quella di Remarque e che, stavolta, risultò autentica nonostante ogni sforzo. Per cui furono solo amici. Lui la chiamava The Kraut e lei aveva accesso al suo bagno. Mentre Ernest si radeva, prorompendo ogni tanto nell’espressione preferita «merda di pollo», lei gli cantava Bel gigolò, un suo cavallo di battaglia. «Già con la sola voce potrebbe spezzarti il cuore», diceva lui di lei.
A 80 anni, come sempre alticcia e piena di psicofarmaci, cadde e restò immobilizzata. Quando Maximilian Schell volle farle l’omaggio di un film-intervista, si presentò sul set su una sedia a rotelle per far credere che la sua fosse una paralisi momentanea. Pretese di non essere ripresa e che scorressero invece spezzoni delle sue esibizioni giovanili. Del bellissimo documentario, di autentico non ci fu che la sua voce.
Dopo essere rimasta inchiodata per dieci anni a letto, morì nel sonno a 91 anni. Per infarto, si disse.

Pare invece che avesse ingerito dei barbiturici per mettere fine alla coda di un’esistenza opposta a quella che aveva vissuto.
Chi era?

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