Cronaca locale

ERODIADE Quando la passione rende ciechi

Il dramma venne scritto nel ’69 da Giovanni Testori per Valentina Cortese che non se la sentì di metterlo in scena

Un altro Testori va in scena a Milano: prodotto dal Teatro Stabile delle Marche in collaborazione con Amat, Erodiade di Giovanni Testori è interpretato e diretto da Iaia Forte. Lo spettacolo, in scena al Teatro Sala Fontana fino al 24 febbraio, per la prima volta a Milano, è partito dalla Marche, dove ha debuttato il 7 febbraio scorso al Teatro Leopardi di San Ginesio (Macerata), per poi toccare l’8 febbraio il Teatro Nicola degli Angeli di Montelupone (Macerata), proseguire per Forlì il 15 febbraio al Teatro Testori e per Firenze il 16 febbraio al Teatro Cantiere Florida. Erodiade è un allestimento scenico del testo omonimo di Giovanni Testori, in cui viene narrata l’uccisione di Giovanni Battista, ma a colpire l’autore nella vicenda è soprattutto la figura di Erodiade, madre di Salomé.
La storia è complessa. È stata la stessa Erodiade a spingere la figlia Salomé tra le braccia di Erode e a chiederle la testa di Giovanni, colpevole di aver rifiutato il suo amore. Completamente identificata nella sua passione impossibile, Erodiade sfida il Dio carnale di Giovanni e cerca la morte in scena.
Giovanni Testori scrisse il dramma, a cui, dal 1969 rimetterà mano più volte, per Valentina Cortese, che, però, non si sentì di portarlo in scena.
All’inizio degli anni Ottanta vestì i panni di Erodiade Adriana Innocenti, per cui l’autore modificò il testo, recuperando gli aspetti di carnalità e di visceralità, assenti nella precedente stesura. Testori riscrisse nuovamente, poco prima della sua morte, il monologo, che fu incluso, con il titolo di Erodiàs, in Tre Lai, uscito postumo nel 1994.
Alla fisicità prorompente di Iaia Forte e alla sua fortissima capacità espressiva spetta ora il compito di fare i conti con quello che l’autore definisce un personaggio a metà tra il Dio astratto e il Dio incarnato, che rappresenta la nostra perplessità ad accettare l’incarnazione di Cristo. «Il testo - scrisse l’autore - è volutamente ossessivo e claustrofobico, “serpente che si mangia la coda e continua a crescere in sé come una tenia”. È un testo che in modo ultimativo ed estremo afferma come il teatro sia il luogo in cui si gioca la partita ultima dell’esistenza».
Iaia Forte rispetto alla drammaturgia di Giovanni Testori dichiara «il suo universo è qualcosa di molto materico, fatto di odori e colori. Non è solo letteratura o teatro, è piuttosto ciò che scatena sensorialmente. Poi la lingua, per la sua invenzione e la sua carnalità. La capacità, nello specifico teatrale, di creare personaggi femminili così virili, così potenti, cosa rarissima nella drammaturgia italiana.

E poi l’ossessione di cui vive il suo teatro, che è un elemento che amo molto in tutte le forme artistiche».
Erodiade
Teatro Sala Fontana
fino al 24 febbraio
02-69015733

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