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Esercitazione «di nervi» per vigili e romani

Alessia Marani

La vera esercitazione è stata per i vigili urbani; la vera prova di nervi per migliaia di romani, automobilisti, scooteristi e pendolari, alle prese per tutta la mattinata con la pioggia incessante e il traffico paralizzato pressochè ovunque. Porta Maggiore bloccata, le principali consolari trasformate in un serpentone di auto in coda agli ingressi della città, Corso d’Italia, il lungotevere, via della Pineta Sacchetti verso il Policlinico Gemelli, completamente paralizzate: «È impensabile - sostiene il Coordinamento Romano dei Pendolari - che nella malaugurata ipotesi di un attentato vero non sia previsto un piano alternativo per i trasporti. Perchè se ne esiste uno, quello di ieri davvero non ha funzionato. Non è possibile - continua il comitato - che a un certo punto tutti i mezzi siano andati in tilt abbandonando i cittadini al caos più totale e lasciando i singoli autisti nell’anarchia assoluta». A pochi metri dall’ingresso dell’Umberto I i «pizzardoni» chiedono Sos alla centrale: «Qui ci sono una donna incinta, un uomo ingessato. Vogliono entrare, che dobbiamo fare?». È il caos. «Disagi inevitabili - ha commentato il prefetto Achille Serra a fine operazioni - ma per la sicurezza di tutti sacrifici come questi vanno messi in conto». Il lunedì tragico - almeno sul fronte di traffico e trasporti - è stato liquidato dal sindaco Walter Veltroni con una «stretta di mano» e tanti ringraziamenti agli agenti della municipale. «Abbiamo trasmesso comunque l’immagine di una città serena - dice - e pronta a farsi carico di ciò che è necessario nell’eventualità di un attacco terroristico». La più grande simulazione mai realizzata nello Stivale (battezzata «Matilda»), va in scena a partire dalle 9,30 del mattino. Il manichino-kamikaze viene fatto esplodere sull’attraversamento pedonale di via dei Fori Imperiali, tra l’uscita del metrò e il Colosseo. Saltano in aria anche tre vetture con quattro fantocci all’interno (le prime vittime). Tutt’intorno si distribuiscono i cadaveri (altri 7) e i feriti (sette gravi e 30 lievi), una cinquantina le persone sotto choc. Il kamikaze (secondo il «copione» di oltre 400 pagine distribuito a tutte le forze in campo dal Viminale) è il primo di un commando di cinque terroristi islamici piombati a Roma in treno con un biglietto di sola andata da Torino dopo avere varcato indenne il confine francese perchè in possesso di visti regolari. Il secondo uomo-bomba entra in azione dieci minuti dopo su un vagone del metrò «A», alla stazione «Repubblica». Qui è il cuore dell’esercitazione: i mezzi e gli uomini dei pompieri sono i primi a calarsi nel sottosuolo, a 50 metri di profondità. Debbono montare le carrucole per il trasporto in superficie dei feriti, farsi largo tra fumo e macerie per fare strada agli altri soccorritori. La corrente elettrica salta, ma dopo pochi minuti è già in funzione il generatore alternativo. Nel centro della piazza viene montato un ospedale da campo. Alle 10,24 scendono le prime barelle, i morti sono 8, i feriti 60 di cui 4 codici rossi. Terzo attacco sul bus 64 per San Pietro. Qui un piccolo giallo. L’esplosione, in realtà, non si verifica. Il petardo fa cilecca. Ma sul mezzo gli agenti del Ministero hanno piazzato pure altri due finti ordigni che vengono comunque ritrovati e messi in sicurezza dagli artificieri e dai pompieri Nbcr (quelli per la rilevazione chimica e batteriologica). Arrivano sul posto le squadre e le botti di Montemario, Eur, Prati, Capannelle, Tuscolano, a questo punto inutilmente perchè fiamme non ce ne stanno. In compenso non è mancata la protesta dei no-global, per cui all’operazione si accumula ritardo.

Alle 10,36 la prima nota di ricerca dei presunti terroristi mancanti all’appello: un maghrebino altro 1,85 metri visto allontanarsi subito dopo lo scoppio al Colosseo e un nordafricano con un cappelletto blu visto aggirarsi con fare sospetto in piazza della Repubblica. Il primo verrà fermato in via Labicana, il secondo nei pressi della stazione Termini. Il «d-day» è passato.

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