Eshkol Nevo insegue il senso nella fragilità dei nostri "Legami"

Il mondo di Eshkol Nevo si ritrova tutto dentro il suo Legami, appena pubblicato da Feltrinelli Gramma

Eshkol Nevo insegue il senso nella fragilità dei nostri "Legami"
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Il mondo di Eshkol Nevo si ritrova tutto dentro il suo Legami, appena pubblicato da Feltrinelli Gramma (pagg. 320, euro 19; l'autore sarà a Milano venerdì 7 giugno per la Milanesiana, Piccolo Teatro Grassi, ore 21, con Mathieu Belezi e Sandro Veronesi). È una raccolta di venti racconti, alcuni brevi, alcuni molto lunghi, in cui i lettori possono rivivere nell'universo della Simmetria dei desideri, di Neuland o di Tre piani (da cui Nanni Moretti ha tratto il suo film del 2021), i libri che hanno reso Nevo, nato a Gerusalemme nel 1971 e nipote di Levi Eshkol uno dei padri fondatori di Israele, un autore tradotto e amato in tutto il mondo, tranne che dai pochi che hanno protestato per la sua presenza al Salone di Torino. I quali, probabilmente, non lo hanno mai letto.

Al cuore di Legami, come sempre, c'è il desiderio: quello che muove l'esistenza, una meraviglia alla Schopenhauer, che sottende alla volontà e conduce alla metafisica. Ecco, Nevo parte da lì, da questa primarietà del desiderio, come ciò che ci costituisce nel nostro essere umani, per poi cercare, nelle innumerevoli modalità che esso trova per realizzarsi ed esprimersi, il senso delle nostre vite e delle nostre infinite fragilità. È il caso, per esempio, di Hungry Heart: il cuore affamato del titolo è quello cantato da Bruce Springsteen, e proprio vedere un concerto del Boss è una specie di «ultimo desiderio» avanzato da un padre malato terminale al figlio. Così, siccome «non è mai troppo tardi per un rock and roll», i due si imbarcano per Londra: il figlio, ansioso e preoccupatissimo, e il padre, fin troppo gioioso di vivere il tempo che gli resta. Oppure ci sono la madre (che arriva dal Canada) e il figlio (che vive in Israele) di Meno drammi possibile, che si ritrovano dopo quindici anni, lei con il peso di averlo abbandonato a soli sei mesi, lui una sfinge, pieno di gentilezze, mai uno scoppio di quella rabbia repressa. E lei, la madre, che era fuggita dalla «tribù» familiare del marito, scopre troppo tardi che quella vita, forse, le sarebbe anche piaciuta... Poi ci sono le possibilità mancate, come in Forty-love: una partita di tennis improvvisata con una sposa mezza in fuga, qualcosa che è sbocciato e si è subito interrotto, un futuro che si può affidare solo a un proverbio uzbeko: le orecchie e le occasioni vanno in coppia.

Non bisogna troppo sperare nel lieto fine: il desiderio è connaturato alla finitezza. C'è chi, in questi Legami, si perde irrimediabilmente.

Come Yonathan, che in Ogni cosa è fragile spiega perché debba mettere un oceano fra sé e i suoi affetti e andare a vivere a New York: «Ci sono persone per le quali la famiglia è una zona di disastro, non un sostegno». Gli fa eco la sorella: «Ci sono persone per cui la vita è troppo... Tutto gli penetra dentro, senza filtri, senza meccanismi di difesa, tutto gli trafigge il cuore». A volte, i Legami sono troppo stretti da sopportare.

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