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Esoneri a raffica, ecco gli Zamparini della Nba

Come Maurizio Zamparini non c’è nessuno al mondo. In America, ad esempio, per eguagliare la fantasia del presidente del Palermo nel cacciare allenatori ci vogliono addirittura sei dirigenti diversi, e non è un modo di dire: con il sollevamento di Reggie Theus dall'incarico di coach dei Sacramento Kings, infatti, sono sei i tecnici Nba licenziati da inizio stagione ad oggi, e parliamo di nemmeno due mesi, visto che il campionato è iniziato il 28 ottobre. Ma la situazione sta diventando paradossale, perché in alcuni casi ci si chiede veramente che cosa si attendessero, presidenti e general manager che hanno poi premuto il metaforico grilletto verso l'allenatore colpevole. Circostanze diverse per squadre diverse, ma il medesimo panorama di aspettative deluse: solo che non stiamo parlando di candidate al titolo Nba improvvisamente regredite allo status di perdenti, ma di club oscillanti tra la metà e la parte bassa di una ideale graduatoria di valore della lega. E, per paradosso, non esistendo tale concetto nello sport professionistico americano, non c’è neppure il motivo del pericolo di retrocessione. Nulla. Se quel sentimento maligno che gli americani esprimono con la frase «ok, sei bravo, ma negli ultimi tempi cos'hai combinato di buono?». Ecco come mai un ex Coach of the Year (2006-07, non dieci anni fa) come Sam Mitchell viene spedito a casa da Toronto: lo scorso anno 41 vittorie e 41 sconfitte per i Raptors, inizio 2008-09 con 8-9 e irritazione della dirigenza per quella che era parsa come incapacità della squadra di progredire e di concentrarsi in difesa, compreso il nostro Andrea Bargnani. Lo scorso anno, negativo rispetto a quello precedente, Mitchell si era più volte salvato solo perché pareva osceno lasciarlo andare a pochi mesi di distanza dal riconoscimento ufficiale ottenuto, ma già c'erano i semi del provvedimento arrivato poi a inizio dicembre. Ma anche nella migliore delle ipotesi i Raptors faranno i playoff ed usciranno subito, sotto il coach (canadese) Jay Triano, ovvero quel che sarebbe successo anche sotto Mitchell. Ad Oklahoma City, PJ Carlesimo era stato il primo a togliere il disturbo, ma lì i motivi erano diversi: appena trasferitisi in città da Seattle, dove erano chiamati Supersonics, i Thunder hanno iniziato a perdere con scarti e modalità imbarazzanti, 12 volte nelle prime 13 partite, e la decisione dirigenziale è arrivata prima che il pubblico locale si rendesse conto che la novità di avere una squadra NBA a lungo termine non regge se si vedono solo sconfitte. La pena maggiore, quasi un trapasso dantesco, è stata però comminata a Kevin McHale, general manager di Minnesota: il proprietario Glen Taylor, da tempo perplesso per alcune scelte di mercato di McHale, ha messo proprio lui a sostituire il mediocre coach Randy Wittman.

Come a dire: hai messo assieme tu questa squadra del cavolo? Bene, ora allenala, e vediamo cosa sai fare.

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